Due parole sull'ateismo

Quali sono le caratteristiche dell’ateismo?

A fondamento dell’ateismo assoluto c’è una considerazione di valori, prima ancora di una considerazione di realtà. L’esistenza o meno di Dio oggi è posta più in termini di valore (che valore ha dimostrare l’esistenza di Dio??) più che in termini di realtà. È in gioco il valore stesso della verità, prima ancora dell’esistenza della dimostrazione dell’esistenza di Dio.

L’origine di questo modo contemporaneo di approcciare quando e con chi è nato? Chi per primo ha posto il problema della verità?  NIETZSCHE.

Il problema del valore della verità, in senso nietzschiano, è antecedente a quello della verità.

Per l’ateo di oggi il problema dell’esistenza di Dio è una vana curiosità, anzi al posto del tentativo di dimostrare che Dio non esiste oggi si sostituisce il tentativo posto a dimostrare che solo l’ateismo permette la realizzazione di un umanesimo pieno di tipo morale, scientifico e politico.

E’ successo che oggi si vive a livello di massa ciò che nel passato caratterizzava il libertinismo. Tutto lo sforzo del pensiero metafisico del '600 (Cartesio per esempio), atto a ridurre l’ateo all’INSIPIENS, è stato annullkato. L’uomo non può più essere certo né circa le verità della scienza né circa quelle del senso comune oggi è esattamente invertito.

Contro Cartesio si è sviluppato il libertinismo, un fenomeno di elite, dentro il quale si è sviluppato un ateismo inteso come negazione. Dobbiamo parlare di un rifiuto prima che di Dio, della disposizione teistica, delle ragioni che conducevano a porre il problema di Dio. Oggi non ci sono più le condizioni per parlare di Dio, prima se ne discuteva oggi invece non ci si pone più nemmeno la questione.  

Infatti, il vecchio ateismo dell’800 voleva essere una risposta forte alla questione di Dio, e ciò perché esisteva ancora la possibilità di discutere sulla sua esistenza o meno. Oggi questo presupposto non c’è più, oggi ci troviamo di fronte ad una scesi atea che vuole cercare la liberazione della coscienza umana dal fantasma di Dio, un fantasma pensato dalle culture e dalle civiltà passate che proietta la sua ombra nel presente.

Ciò che caratterizza il nostro secolo è l’ateismo postulatorio, mentre nell’800 la desiderabilità dell’esistenza di Dio era un presupposto al di là di ogni discussione, nella quale anche l’ateo riconosceva che nell’uomo c’era un desiderio di Dio oggi invece l’ateismo postulatorio non riconosce più ciò, e questo perché il nostro secolo viene dopo Nietzsche.

Prima ci si domandava: “Alla generalmente riconosciuta aspirazione verso Dio corrisponde una realtà, cioè Dio?” Al di là della dimostrazione sull’esistenza di Dio non si negava il desiderio dell’uomo verso Dio. E alla domanda se ci fosse una conciliazione tra i bisogni dell’anima ed il rigore della conoscenza si cercava di dare una risposta.

Oggi invece è necessario negare Dio se vogliamo parlare di morale, di politica e di scienza veramente rigorose. L’ateismo di oggi nega ciò che era indiscusso nell’800, e cioè che Dio era un valore.

Oggi, dopo Nietzsche, Dio non è più un valore, tutti i valori sono relativi. L’ateismo di oggi inibisce quel processo che passa dal valore di Dio alla sua esistenza tipico dell’800.

Con Nietzsche l’essere viene ridotto al divenire, non esiste nulla che possa pretendere l’essere per sé, i valori e tutto ciò che era metafisico vengono annullati, la morte di Dio porta alla fine di tutti i valori.

Si è avuto un passaggio all’interno dell’ateismo, soprattutto dal dopoguerra in poi, dal riconoscimento della desiderabilità di Dio e della sua accettazione o meno (scientismo),  a quello dell’opzione che ha messo in gioco i valori e che ha caratterizzato l’ateismo moderno.

Questo processo segna la manifestazione più chiara dell’essenza dell’ateismo stesso, più che essere un fenomeno nuovo nel panorama dello sviluppo dell’ateismo moderno.

Oggi si parla di atto di fede ateistica. Per il Del Noce prima del Cristianesimo la questione dell’ateismo non è mai sorta nella società in termini così rigorosi. Solo dopo il Cristianesimo l’ateismo nasce e si caratterizza per un rifiuto iniziale del soprannaturale, rifiuto che è diverso dal rifiuto della mentalità mitica o magica che i filosofi anche i cosiddetti atei dell’antichità hanno operato.

Il rifiuto del soprannaturale nel pensiero del 600,e ancora prima, è diverso dal rifiuto degli antichi. Per il pensiero medioevale l’ateismo è più una questione logica che ontologica, è una possibilità della riflessione filosofica in senso logico più che reale.

Solo nell’età moderna l’ateismo si manifesta in modo così forte, l’ateismo è il momento terminale di ognuna delle tre fondamentali direzioni del pensiero moderno: rinascimentalismo – illuminismo – filosofia classica tedesca, le quali si pongono come negazione del soprannaturale.

Dove lo vediamo? Nel fatto che la religione deve venire oltrepassata.

Nel pensiero rinascimentale ciò avviene attraverso la cultura del libertinismo.

Nell’illuminismo perché in esso si trovano sintetizzate tre forme di pensiero che nel 600 erano contrastanti: 1) la critica libertina della tradizione (valore dell’uomo rispetto all’antico), 2) gli indirizzi della religione del diritto naturale (tale teoria postula l’esistenza di una serie di principi eterni e immutabili, inscritti nella natura umana, cui si dà il nome di diritto naturale), 3) la filosofia classica tedesca, da Kant in poi (Kant è il primo che chiude la dimostrabilità dell’esistenza di Dio), con i suoi opposti inconciliabili : Nietzsche e Marx.  

Nella storia ci sono essenzialmente due posizioni di ateismo: quello detto negativo o nichilismo, il quale consiste nella dichiarazione della fine di un mondo soprannaturale che abbia potere di obbligazione anche morale, obbligazione dei principi della nostra vita.

Il bene universale che, non è questo bene storicamente universale, ma è quell’elemento che mi permette di dire se questo bene sia bene o no.

C’è anche un ateismo positivo che è la critica a quello negativo o nichilismo. Nietzsche parlerà di nichilismo attivo contro nichilismo passivo, che il filosofo ha riscontrato nella morte di Dio.

I filosofi si accorgono della crisi dei valori nella società, a questa crisi pongono come rimedio un loro programma che è ancora una forma di ateismo però positivo che porterà Marx a parlare di città ideale caratterizzata dall’unificazione del massimo dell’utopia con il massimo del realismo politico.

(Massimo dell’utopia: l’uomo vive nel giardino dell’eden, in un mondo senza violenza né sopraffazione e prevaricazione.

Massimo del realismo politico: le strategie per realizzare la città ideale).

Dall’altra parte Nietzsche pone al nichilismo passivo quello attivo, egli parla di una nuova sorgente di valori che nasce dalla volontà di potenza, egli parla del superuomo che crea nuovi valori anche senza guardare al cielo.

Il pensiero di Nietzsche è una realtà, è il nichilismo completo, è l’assenza di cielo. L’ateismo propone un modello che non è trascendente ma è immanente.

Questo ateismo raggiunge le masse, non è un fenomeno d’èlite. L’ateismo di oggi lo si tocca ovunque.

Altro aspetto importante, conseguenza dell’ateismo è la frattura tra pensiero greco e pensiero cristiano. Nella crisi libertina si ha la rottura dell’unità cattolica e umanistica dell’antico con il cristiano; l’anticristianesimo nel pensiero libertino si configurò come l’eliminazione di quelle linee del pensiero antico che prefiguravano il cristianesimo.

Nel marxismo si ha la rottura di questa unità, l’idea dello sviluppo del dominio dell’uomo sul mondo con la riduzione del pensiero a tecnica trasformatrice del mondo (lavoro) viene messa al posto della trascendenza, che originariamente è biblica.

Il problema dell’ateismo deve portare ad una riflessione di un giusto rapporto tra pensiero greco e cristiano, è importante che vi sia una loro continuità.

L’ateismo si presenta come il momento terminale di un processo, di un torrente di cui vediamo il flusso ma non la sorgente, c’è una negazione senza prove della possibilità del soprannaturale e della trascendenza.

Prima di giungere all’ateismo positivo o irreligione, esso si presenta come la purificazione dell’idea del divino, dal divino trascendente si è passati al divino immanente. C’è stata la sostituzione degli elementi del divino a quelli dell’uomo. E’ stata Sostituita alla rivelazione di Dio la ragione dell’uomo,  alla verità di Dio quella dell’uomo. E questa dea ragione è il divino immanente.

Prima di giungere all’ateismo positivo c’è stato quindi tutto un cammino, un  tentativo di ridurre il divino all’umano.

Possiamo chiamare questo processo con un nome molto ampio, possiamo chiamarlo razionalismo, un processo che ha un’iniziale negazione del soprannaturale, la negazione della possibilità, il rifiuto senza prove dello status naturale lapsae (stato della natura debole dell’uomo o peccato).

Quindi le concezioni del mondo dei filosofi della modernità, a partire da Giordano Bruno, si sono formate in relazione ad una risposta al peccato originale, sia implicita che esplicita.

Non è vero che l’uomo è peccatore, la condizione che in teologia si chiama condizione naturale dell’uomo è la sua condizione naturale.

Il razionalismo afferma che la condizione naturale dell’uomo è quella di essere peccatore, cioè il percorso dell’uomo non è stato deviato dal peccato originale, ma la condizione naturale umana è di peccato.

Questa assunzione della realtà decaduta dell’uomo a sua realtà normale coincide con l’assunzione come normale del destino di morte dell’essere finito. La morte è nella condizione normale dell’essere finito stesso, l’individuo è mortale e quindi, di conseguenza, si afferma la negatività del finito.

La condizione di morte dell’uomo, dice S. Tommaso, non è una condizione naturale perché se l’uomo non avesse peccato sarebbe stato immortale. La filosofia moderna invece parla di una morte certa e la negatività del finito.

Questo processo trova la sua piena realizzazione nello sviluppo del pensiero filosofico che va da Hegel a Marx.

In Hegel questa condizione alienata si risolve nell’idealismo, il finito deve superare questa sua condizione alienata nello stato ed nel diritto.

Con Marx si attua l’assolutizzazione del filosofo che diventa rivoluzionario (filosofo=rivoluzionario).

Questa è la novità di Hegel rispetto a Marx: per Hegel è il mondo che diventa filosofia, mentre per Marx è la filsofia che si fa mondo. 

 

Breve excursus sul concetto di rivoluzione.

Il primo significato del termine è quello di distruzione dell’ordine civile.

Il secondo significato è di tipo giuridico – politico ed indica il mutamento dell’ordinamento politico delle società politiche (stati) attuato attraverso la violazione dei principi di diritto costituzionale in cui si concreta l’ordinamento stesso, ovvero il mutamento violento.

Il terso significato è di tipo etico – politico e si intende il sorgere di un ordine nuovo (Risorgimento). Si crea una nuova realtà sia morale che politica, non spiegabile come la semplice evoluzione del passato.

Il quarto significato, rivoluzione intesa come categoria ideale cui si giunge alltraverso un processo filosofico, la liberazione dell’uomo dall’alienazione attraverso la politica, la quale si sostituisce alla religione. La politica si sostituisce alla religione nella liberazione dell’uomo dal male, il quale non è più frutto del peccato originale ma proviene dalla società.

Questa compiutezza dell’idea di rivoluzione si attua pienamente in Marx, quando la città ideale appare come risultato della storia.

La religione in Rousseau viene vista come una sorta di pelagianesimo, ossia c’è l’affermazione di Dio, della libertà e dell’immortalità, ma anche la negazione del peccato e della grazia.

Il male viene dalla struttura della società. L’uomo è originariamente buono, la società lo ha corrotto ecco perché ne “Il contratto sociale” la politica deve realizzare la felicità umana, è la politica che deve far diventare l’uomo virtuoso.

Il problema del male viene trasportato dal piano psicologico – teologico a quello politico – sociologico.

Il dogmi della caduta e della redenzione vengono trasferiti sul piano dell’esperienza storica.

La conseguenza di tutto questo ragionamento è che alla base della modernità c’è questo fatto essenziale: NON E’ IL RIFIUTO DEL PECCATO LA CONSEGUENZA DEL RIFIUTO DI DIO, MA è VERO L’INVERSO; è IL RIFIUTO  INIZIALE DEL PECCATO, DELLO STATUS NATURAE LAPSAE DELLA CADUTA, L’INIZIO DEL PROCESSO CHE PORTA ALL’ATEISMO.

Questa teoria del rifiuto ci porta ad un breve confronto con Pascal, il primo che ha analizzato la questione dell’opzione.

L’essenza del “razionalismo” è un’opzione gratuita per l’aseità (qualità dell’essere che ha la ragione della propria esistenza in se stesso) e l’autosufficienza dell’uomo. Cioè l’uomo basta a se stesso ed è autosufficiente.

Quello che riguarda la negazione di Dio  non è il risultato di prove speculative, ma queste sono, invece, argomenti successivi all’opzione. Prima si fa una scelta radicale e poi si giustifica la scelta filosoficamente.

L’ateismo è quindi la ricerca della piena liberazione dal soprannaturale. Infatti, l’idea di Pascal è che il deismo non sia una tappa verso il Dio religioso, ma è una tappa verso l’ateismo.

Per dimostrare questo leggiamo alcune parti del famoso frammento 556 di Pascal, i suoi Pensieri : “… Il deismo, quasi altrettanto lontano dalla religione cristiana dell’ateismo che le è affatto contrario … La religione cristiana insegna dunque insieme agli uomini queste due verità: e che c’è un Dio, di cui gli uomini sono capaci, e che c’è una corruzione della natura che li rende indegni di Lui. Importa ugualmente agli uomini di conoscere l’uno e l’altro di questi punti. Ed è ugualmente pericoloso per l’uomo di conoscere Dio senza la sua misericordia, e conoscere la propria miseria senza conoscere il Redentore che lo può guarire di essa. Una sola di queste conoscenze fa, o la superbia dei filosofi, che hanno conosciuto Dio e non la loro miseria, o la disperazione degli atei che consc0oono la loro miseria senza il Redentore. E così, come è ugualmente necessario per l’uomo di conoscere questi due punti, è ugualmente dono della misericordia di Dio averceli fatti conoscere. La religione cristiana lo fa, è in ciò essa consiste. Tutti coloro che cercano Dio fuori di Gesù Cristo, e che si arrestano nella natura, o non trovano alcuna luce che li soddisfi, o arrivano a formarsi un mezzo di conoscere Dio e di servirlo senza mediatore, e perciò cadono, o nell’ateismo o nel deismo che sono due cose che la religione cristiana aborre quasi ugualmente”.

 

Mentre il frammento 862 ci dice: “Vi è dunque un gran numero di verità, e di fede e di morali… che sussistono tutte in un ordine mirabile. La fonte di tutte le eresie è l’esclusione di qualcuna di queste verità; e la fonte di tutte le obiezioni che ci fanno gli eretici è l’ignoranza di alcune di queste verità…”

 

Tutte le visioni del mondo si organizzano per Pascal sullo sfondo di una risposta all’incomprensibile: non ci sono principi evidenti assolutamente certi che possano servire da punto di partenza.

L’ateismo contemporaneo è il risultato di un lungo processo che ha condotto il pensiero a giustificare la condizione dell’uomo; le situazioni che si sono costruite, le teorie o visioni del mondo, sono la conseguenza della presa di posizione nei confronti del peccato originale che è originaria nella modernità. Ecco perché all’inizio abbiamo detto che l’ateismo è fenomeno post cristiano, perché era necessario che si evidenziasse la Verità perché si potesse evidenziare l’opposizione alla Verità.