La filosofia del diritto di San Tommaso d'Aquino.

 

Abbiamo parlato della LEX AETERNA, della LEGGE NATURALE (lex naturalis), c’è poi la LEGGE UMANA  - diritto positivo (lex humana) e poi la LEGGE DIVINA (lex divina).

La legge eterna  (lex aeterna) è il piano razionale di Dio dato dalla creazione, che è l’ordine dell’universo. E la legge eterna è l’ordinamento che Dio ha dato al mondo, nel creare, essendo Dio intelligente, crea con un certo ordine. L’ordine del creato è appunto questa legge eterna.

La legge naturale (lex naturalis) è la parte che l’intelligenza umana riesce a comprendere di questa legge eterna ed è detta “partecipatio legis aeternae in rationali creatura”, quindi, gli uomini in quanto esseri razionali, conoscono x il solo fatto di avere ragione, di essere dotati di ragione la legge naturale.

Il precetto essenziale della legge naturale è “fà il bene ed evita il male”. Bene  per l’uomo, come per ogni animale, è conservare se stesso, la propria conservazione; seguire gli insegnamenti universali della natura che sono iscritti nella natura stessa e per quanto riguarda l’uomo sono iscritti nella sua natura di essere umano e quindi l’unione del maschio e la femmina, la protezione e la crescita della prole e, quanto più l’uomo che è dotato di ragione, la conoscenza della ricerca della verità: perché la ragione è un bene naturale che costituisce l’uomo in quanto uomo. In più, poiché Tommaso è di scuola aristotelica, il vivere in società, cioè l’essere socievole è un elemento della natura umana in quanto umana.

Sulla legge naturale, che non è scritta da nessuna parte, poggia le legge umana, quella che a partire dall’età moderna, dal giusnaturalismo viene chiamato “il diritto positivo”, positivo in quanto positum, cioè posto in essere dal legislatore. In tutto l’ordinamento che regola la vita della società, il diritto di famiglia, il diritto internazionale, il diritto privato, il diritto civile, il diritto amministrativo… è legge umana.

Questa legge umana è una legge posta dall’uomo, ma, come sottolinea Tommaso deve avere una relazione con la legge naturale e allora perché vengono poste queste leggi umane visto che cmq c’è già la legge naturale?

Il diritto positivo è fondato per dissuadere i singoli dal compiere il male e quindi appartiene agli ordinamenti umani lo stabilire qst modalità in relazione alla legge di natura. Per  Tommaso, c’è una differenza rispetto ad Agostino, perché per AGOSTINO, lo Stato e le leggi dello Stato sono una necessità storica  della condizione umana determinata dal fatto che la natura umana è una natura decaduta, cioè che ha scelto il peccato. Quindi la necessità storica è una conseguenza della corruzione della natura umana, questo per Agostino.

Per TOMMASO che segue Aristotele dice che lo Stato è una necessità naturale. Per natura gli uomini sono portati a vivere in società, indipendentemente dalla condizione storica di peccato o meno. Questo è quanto Tommaso eredita dal pensiero di Aristotele.

La legge umana (lex humana), cioè il diritto positivo, secondo Tommaso, deriva dalla legge naturale in due modi:

1)     Per deduzione, per “modum conclusionum”;

2)     Per specificazione di norme più generali, per “modum determinationis”;

Nel primo caso si parla di IUS GENTIUM, il diritto delle genti;

nel secondo caso si parla di IUS CIVILE, il diritto civile.

(ius gentium)                                          (ius civile)

Per deduzione                                  Per specificazione

Diritto positivo, Lex humana

Diritto naturale, Lex naturalis

                                                                                                         

Abbiamo la legge naturale che è il fondamento, sulla legge naturale poggia la legge umana che deriva dalla legge naturale o per deduzione (diritto delle genti) o per specificazione (diritto civile)

Se si parla del diritto delle genti è ciò che è nell’ordinamento comune a tutti di diritti, ad esempio, il divieto di omicidio, il divieto di uccidere appartiene al diritto delle genti, perché è comune a tutti gli ordinamenti ed è derivato direttamente dalla legge di natura che dice che bisogna conservare la propria vita. Il divieto di uccidere, non è solo legge morale, ma è una norma giuridica, è dedotta dalla legge di natura.

Nel secondo caso, dipende dai singoli ordinamenti il modo in cui viene punito l’omicidio. La legge di natura dice che bisogna conservare la propria vita, il diritto positivo deduce, come diritto delle genti, il divieto di uccidere. Come si fa a sancire una pena? In quel caso interviene il diritto civile, per specificazione.

Ha una storica solo lo ius civilis, il diritto civile, mentre il diritto delle genti non ha a che fare con la conoscenza storica di una determinata civiltà. Non  dipende dalla condizione storica di quella civiltà in quel momento il diritto delle genti perché esso deriva dalla legge naturale.

Il diritto civile ha una natura storica, ad esempio di può abolire la pena di morte, in Italia è stata abolita e lo si può sostituire con il carcere a vita, con il servizio sociale.

Esiste un diritto naturale, una legge di natura se esiste una natura umana, deve esistere una natura, se non c’è natura, non c’è neanche una legge di natura.

Se cancello la natura, cancello la legge naturale e resta solo la legge umana, ma non come ius gentium, ma come ius civilis. Cioè tutto diventa relativo e come disse Roberto Bobbio: non esiste il diritto naturale, ma il diritto di fatto come ordinamento di uno Stato perché non esiste una natura. Se non esiste una natura umana, ciò che è l’uomo, la definizione di essere umano, non dipende dall’essenza dell’uomo, dal fatto che l’uomo è stato creato, ma da quello che dice che l’uomo vuole essere. Questo significa che il diritto positivo che è sempre una legge umana, dipende soltanto dai singoli ordinamenti, non a niente a che fare con lo ius gentium. È un grosso problema attuale, si parla di relativismo giuridico, per esempio, i matrimoni omosessuali, adozioni di coppie gay, gender… tutto si basa sul fatto che il concetto di natura umana è un concetto storico, relativo che dipende da ciò che una civiltà dice che l’uomo è. Il che significa che non c’è Dio o se c’è se ne sta per fatti suoi, come se Dio nn esistesse. Il problema è questo, anche dal punto di vista della bioetica, c’è una bioetica laica e una cristiana, differiscono sul concetto di esistenza o meno di natura. Cioè è la natura dell’uomo indipendente dalle condizione storiche vissute dall’uomo, da ciò che l’uomo di volta in volta dice che l’uomo è.

 

DIO

 

(ius gentium)                                          (ius civilis)

Per deduzione                                  Per specificazione

Diritto positivo, Lex humana

Diritto naturale, Lex naturalis

NATURA

 

Possiamo dire che i precetti della legge umana derivano dalla legge naturale. Ma il compito pedagogico che Tommaso assegna allo Stato, non è quello di comandare tutti gli atti virtuosi, il compito della legge umana, non è ordinare dal punto di vista giuridico tutti gli atti virtuosi all’uomo perché l’uomo diventi virtuoso, ma solo quelli che hanno a che fare con il bene comune perché il compito della legge è quello di conservare o accrescere o essere in funzione del bene comune.

L’ordinamento che ha a che fare con il raggiungimento della virtù compete alla morale, non è compito dello Stato, che ha sì una funzione pedagogica, spingere l’umanità a diventare moralmente buona sotto tutti i punti di vista, perché altrimenti tutto si risolverebbe nel diritto dello Stato, nella sfera del diritto, nel foro esteriore; mentre la morale è nel foro interiore.

Il compito dello Stato, che ha un compito pedagogico, ha la funzione di combattere tutte quelle cose che minacciano la conservazione della società umana e non ha da comandare tutti gli atti virtuosi, ma solo quelli che sono necessari al bene comune, questo è il compito dello stato. Lo Stato deve preservare la convivenza e spingere la comunità verso il bene comune dal punto di vista delle relazioni esteriore perché il diritto è coercitivo ma dall’esterno, altrimenti sarebbe il moralismo giuridico e la legge risolverebbe tutto, ma la legge (dello Stato) non risolve tutto.

La legge naturale riguarda tutto ciò che riguarda l’uomo, in quanto uomo dotato di ragione. Siccome la ragione è una dimensione dell’essere naturale dell’uomo, in questo c’è qualcosa in più, altrimenti la legge naturale dell’uomo esprimerebbe solo ciò che esprime negli animali, ma siccome l’uomo è dotato di ragione, la natura dell’uomo è qualcosa in più rispetto alla natura dell’animale.

La società e lo Stato svolge una funzione pedagogica e presuppone che gli uomini sono imperfetti. È essenziale e fondamentale che la legge umana derivi dalla legge naturale.

Una legge è legge perché è giusta o è giusta perché è legge? Stiamo parlando di legge umana. Basta che una legge sia legge perché sia giusta o perchè debba chiamarsi legge deve essere necessariamente il luogo dove si realizza una giustizia? Cioè in questo la giustizia sarebbe il derivare, dice Tommaso, perfettamente la legge umana dalla legge naturale. Per esperienza, esistono leggi giuste, ma anche leggi ingiuste. Tommaso dice che la legge umana deve derivare necessariamente dalla legge naturale però possono esserci dei casi in cui la legge umana contraddice di fatto la legge naturale o non ne tiene conto e Tommaso dice che quella non è legge ma corruzione della legge. La legge umana è moralmente valida se deriva dalla legge naturale, le leggi giuridiche che vanno contro la legge naturale sono violenze piuttosto che leggi. Tuttavia, dice Tommaso, esse possono essere obbligatorie, ma solo dove sono orientate a evitare lo scandalo e il disordine, però occorre sempre disguidi nella legge giusta, se questa va contro la legge divina. Su questo principio si basa l’obbiezione di coscienza del medico che si rifiuta di praticare l’aborto. L’obbiezione di coscienza, riconosciuta dall’ordinamento, è un qualcosa che rimane perché è data dalla costituzione italiana nata dall’accordo di cattolici, laici e socialisti , conserva anche alcuni elementi della concezione cattolica.

La ribellione alla legge, dice Tommaso, è ammessa solo se il disordine che viene creato dalla ribellione a questa legge non è superiore a quel bene che si cerca di difendere. Su questo principio si basa il diritto dei popoli di cambiare l’ordinamento.

Tommaso dice che una legge, per il fatto solo che è nell’ordinamento non è al di sopra del giudizio morale, quindi non può vincolare la libertà umana. Io posso anche assumere la responsabilità di disobbedire ad una legge, ma non che va contro me, ma che va contro la legge di natura e assumermi tutte le responsabilità di questo. Qualora venisse eliminato il principio di obbiezione di coscienza, può esserci sempre qualche medico (uno su un miliardo), che preferisce andare in galera piuttosto che obbedire alla legge.

Non è possibile separare la legge dell’ordinamento giuridico (il diritto positivo) dalla legge di natura e quindi da Dio. Tutti questi fini sono solo fini terreni che hanno a che fare con la dimensione terrena della vita dell’uomo, ma la vita dell’uomo non si realizza, cioè l’uomo non realizza se stesso qui. Il che significa che anche uno stato che realizzi perfettamente tutta la legge di natura nel suo ordinamento, non mette l’uomo in condizione di realizzare la sua umanità, quindi non basta, è necessaria la legge divina.

La legge divina è il Vangelo, la legge positiva di Dio, la legge rivelata che abbiamo nel Vangelo, il cui obbiettivo è il conseguimento della BEATITUDO, cioè della felicità.

Tutte le leggi umane non basterebbero affinché l’uomo realizzi la sua umanità, altrimenti l’uomo si esaurirebbe nella sua storia terrena, quindi è necessario qualcos’altro che realizzi l’uomo ed è la legge rivelata, il Vangelo, la legge divina che ha il compito di indirizzare l’uomo verso il raggiungimento della felicità.

Sul concetto di felicità, Tommaso fa proprio quel principio di Aristotele che c’è all’inizio dell’Etica Nicomachea, in cui Aristotele dice che l’uomo tende per natura alla ricerca della felicità, cioè la piena realizzazione di ciò che è perché l’uomo e tutti gli enti “sono”, ma hanno anche da “essere”. Cioè ogni cosa è quello che è, ma poiché siamo in una dimensione in cui tutta la potenza in atto, nel caso dell’uomo, non tutto ciò che io sono è in atto, quindi tra il mio poter essere e il mio essere c’è una distanza e quindi si presuppone un tempo che è il tempo della vita in cui io realizzo anche le mie potenzialità: potenzialità naturali come ad  esempio diventare ingegnere, legislatore.

Quindi non è in atto tutto ciò che sono, quindi ho da essere, sta di fatto che la piena realizzazione dell’uomo per Tommaso è la visione di Dio, cioè il conseguimento della felicità. Anche se potessimo realizzare un mondo felice, non saremo mai felici, perché l’uomo è felice solo quando raggiunge la sua destinazione, cioè la sua vocazione che è quella di partecipare alla vita di Dio. Per questo Dio ha creato l’uomo, perché l’uomo andasse verso di Lui. Quindi tutta la storia umana non realizza l’uomo, quindi la politica non risolve i problemi dell’uomo.

Dio ha creato l’uomo perché partecipi della sua vita divina.

 

PSICOLOGIA DI TOMMASO

Per quanto riguarda la dottrina dell’anima, l’impostazione di Tommaso e un’impostazione di tipo aristotelico, ma è un aristotelismo che non è la sola lettura di Aristotele e basta, altrimenti sarebbe un aristotelismo averroista che legge e basta.

È un aristotelismo coadiuvato da una certa tradizione nella quale rientra pure Avicenna che introduce degli elementi neoplatonici e dunque platonici della concezione aristotelica. La cosa che sottolineiamo è il modo in cui Aristotele giunge a dire e a dimostrare che l’anima individuale è immortale. Per Tommaso l’anima è una forma sussistente, cioè sussiste per sé, ,  rispetto al fatto che l’anima fa si che il corpo sia un corpo vivente; cioè non c’è che il corpo ha la sua sostanza e l’anima la sua sostanza che si mettono insieme, ma è l’anima che fa si che il corpo sia un corpo sussistente. Per Tommaso, l’anima immortale è l’anima individuale e con questo c’è un grande passo rispetto al pensiero di Averroè.

(il prof riprenderà in seguito l’argomento della psicologia in Tommaso)

 

LA VOLONTÀ E LA LIBERTÀ (libro S. V. Rovighi, Tommaso d’Aquino, pag 108)

La volontà è definita da Tommaso come appetito razionale (appetitus intellectivus o appetitus rationalis), c’è l’appetito naturale cioè appetito inteso come “tendere verso”.

Riprendendo la psicologia di Aristotele, l’anima vegetativa, sensitiva e razionale.

Ciò che compete all’anima vegetativa è la nutrizione, riproduzione e la crescita.

Nell’anima sensitiva, oltre al sentire c’è anche il tendere verso per istinto, è una forma di conoscenza sensibile che gli animali hanno, tanto è vero che ricordano, mangiano ciò che è buono.

Nel caso dei vegetali e degli animali, l’anima è mortale perché tutte le sue funzioni si intersecano con le funzioni dell’essere corporeo.

Nell’anima sensitiva si parla di un appetito naturale, cioè l’animale x istinto, dettato dal sentimento di piacere o non piacere. Istintivamente l’animale si dirige verso il cibo e si nutre. L’animale, dice Tommaso, ha anche memoria e una forma di fantasia.

L’uomo ha l’anima razionale, che svolge le funzioni dell’anima sensitiva e vegetativa. L’appetito razionale è un tendere verso, secondo ragione. Certamente è anche istinto, come gli animali, ma non è solo quello, l’uomo è anche ragione e il suo tendere verso qualcosa, a meno che la ragione non sia completamente annebbiata, c’è. Nell’uomo che è razionale, la volontà è una tendenza razionale. La volontà ha a che fare con l’intelletto pratico. L’intelletto teoretico è l’intelletto che conosce, quello pratico è l’intelletto che guida l’azione.

Quindi si chiama appetito intellettivo o appetito razionale. Questo appetito razionale come funziona?

Spieghiamo come Tommaso arriva al SILLOGISMO PRATICO. Perché come c’è un sillogismo teoretico, c’è anche un sillogismo pratico.

Nell’uomo che ha intelligenza, oltre alla tendenza sensitiva c’è anche questa tendenza che segue la conoscenza intellettiva ed è appunto la volontà. Entra in gioco una certa forma di conoscenza che è razionale. La caratteristica dell’intelletto è tendere all’universale, allora nella volontà la sua caratteristica è tendere verso un oggetto considerato un certo bene, ma sotto un aspetto universale. La volizione è motivata, ha un certo valore, una ratio boni, una ragione di bene, di bontà, cioè su questo si fonda la libertà e la deliberazione, su una capacità dell’intelletto pratico di deliberare. Su questo si fonda il libero arbitrio, perché il libero arbitrio ha a che fare con la ragione, perché l’animale non ha libero arbitrio.

L’intelletto pratico tende all’universale quando coglie un certo valore, una ragione di bene, una ratio boni, in quel particolare ente voluto. Lo vuole perché coglie un valore in esso, perché la volontà è un tendere secondo ragione, razionale. E su questo tendere razionale si fonda la libertà del volere,  è necessario che l’uomo sia libero per essere razionale, la volontà è la tendenza al bene, ma al bene conosciuto dall’intelletto. Non è un bene sentito, ma è un bene conosciuto, voluto, scelto. Il libero arbitrio è questa capacità razionale di volerlo e di sceglierlo come valore.

Ma perché Dio ha creato l’uomo con la volontà e questa volontà verso cosa tende? Tende in quanto ragione a scegliere il bene, ma il bene in quanto bene è Dio stesso. Quindi Dio ha creato l’uomo dotato di volontà, quindi di intelletto, di libertà perché l’uomo liberamente volesse Dio e liberamente aderisse a Dio. La grazia ristabilisce la libertà umana che il peccato ci rende schiavi. La grazia ristabilisce questa libertà in itinere.

Io però il Bene non lo trovo, trovo sempre enti che sono buoni per un certo aspetto o per un altro. Questo pennarello è buono per scrivere alla lavagna, ma non è buono per sottolineare sul libro. Questa penna è buona per scrivere su un foglio, ma non è buona per scrivere alla lavagna. Ma entrambi sono buoni, ma non sono il Bene.

Io ho scelto il pennarello per scrivere alla lavagna, direbbe Tommaso, ho applicato un sillogismo pratico, perché ho voluto, ho deliberato di scrivere alla lavagna con il pennarello. Ma non sono il Bene, ma sono buoni.

Dio è il Bene per cui l’uomo è stato creato. L’uomo non è nella condizione immediata di scegliere il Bene. Dio è il fine dell’uomo che è lo stesso per tutti gli uomini.

L’uomo agisce in quanto essere razionale perché comunque, a meno che la sua ragione sia offuscata, con deliberazione. Per sua natura questa sua volontà è tendere razionalmente al bene, cioè significa tendere al bene dopo aver deliberato che quello è un bene tale da scegliere come bene, quindi è un valore. Ogni cosa è buona, ma io non incontro il Bene sotto ogni aspetto, ma incontro il bene sotto un aspetto particolare, il pennarello è buono per scrivere alla lavagna ma non è buono per essere mangiato, è un bene limitato a qualcosa, un bene finito, perché ogni ente in quanto ente è buono altrimenti dovremmo dire che Dio ha creato cose buone e cose non buone. Il problema è che tutte le cose create da Dio, in quanto create da Dio sono buone, per questo Dio no distrugge la sua creazione, nemmeno gli angeli ribelli sono stati annullati, a loro Dio continua a dare l’essere, ma non li distrugge, perché Dio distruggerebbe la sua creazione. Ma in quanto esseri liberi, hanno deciso di non riconoscere Dio. Così può accadere anche per l’uomo.

Dio è il Bene sotto tutti gli aspetti ed è quel pezzo mancante che non  potremo mai avere se non alla fine dei tempi, se la nostra libertà sarà indirizzata in un certo modo.

C’è un limite, in quanto beni finiti, in tutti i beni che noi incontriamo. Il che significa che ogni cosa che incontro è un bene, ma un bene manchevole in quanto non è il Bene che disseta definitivamente.

Nessun bene finito ha il potere di determinare la nostra volontà che è determinata dal Bene sotto tutti gli aspetti. Vuol dire che posso pure non volerlo, e per non volerlo devo essere libero, se io non fossi libero non potrei non volerlo. Se mi trovassi faccia a faccia con Dio la mia volontà sarebbe determinata, perché Dio è ciò che esattamente la mai volontà vuole, perché la mia volontà è stata creata da quella di Dio, dice Gesù: allora, in quel giorno non mi chiederete più nulla. Quindi nessun bene finito in quanto manchevole può soddisfare, determinare la nostra volontà. Quindi allora come mai vogliamo questi beni finiti, chi ci determina a volerli? Tommaso riprende la teoria di Aristotele e l’approfondisce. Il fine ultimo è la felicità, gli uomini vogliono la felicità, l’ethos, l’agire umano è indirizzato alla ricerca della felicità, dice Aristotele che è la “beatitudo” che è la piena realizzazione del nostro essere e che per  Aristotele era la conoscenza teoretica, la contemplazione del pensiero.

In tutto questo si realizza il SILLOGISMO PRATICO. Che cosa è il sillogismo dal punto di vista logico-teoretico è il ragionamento umano costituito da una connessione di proposizioni, tre: una premessa maggiore, una  minore e segue la conclusione. Nell’ambito della conoscenza teoretica, la conclusione è la necessaria conseguenza delle due premesse che devono rispettare delle norme, ad esempio esiste un termine medio detto “perno del ragionamento” e tutt’altre cose.

Se tutti gli uomini sono mortali (premessa maggiore)

Se Socrate è uomo (premessa minore)

Allora Socrate è mortale (conclusione)

La conclusione è una conseguenza necessaria delle premesse. Il sillogismo infatti è un’inferenza logica di tipo deduttivo.

Il sillogismo pratico ha a che fare con questo, ma è diverso perché se la conclusione fosse una conseguenza necessaria, non c’era la libertà.

Sillogismo pratico

Premessa maggiore              la nostra volontà di Bene

Premessa minore                 riconoscere questo come bene (finito)

Conclusione                         electio: la scelta, la deliberazione, l’elezione di questo bene per un certo aspetto

La conclusione è un atto libero, io posso pure non scegliere. Poi sorge il problema se il bene eletto, scelto è ordinato al Bene, ma questo è un discorso dell’etica.

Quindi, il considerare, dice Tommaso nella Summa, un aspetto piuttosto che un altro è un’iniziativa umana e da questa dipende il giudizio che ci porta a scegliere, il libero arbitrio e di fronte a questo si ferma anche Dio.