L’IRRELIGIONE DAL PUNTO DI VISTA FILOSOFICO.

L’irreligione afferma che tutte quelle problematiche come la morte o il post mortem sono prive di senso e, qualora ne avessero, non hanno senso alcuno soprattutto per chi agisce nel mondo per migliorarlo in senso tecnico e in senso etico. Sono tutte questioni che intralciano lo sviluppo ulteriore della società del benessere. Questo fa sì che l’agnosticismo della irreligione sia diverso anche dal vecchio agnosticismo, il quale affermava che era meglio credere nell’esistenza di un Dio trascendente, di una verità, sebbene non potesse essere dimostrato, dato che la mente umana non può sfuggire a questa questione. Di fronte alle due affermazioni circa l’esistenza di Dio e la non esistenza di Dio, il vecchio agnosticismo affermava che non ci sono i mezzi per decidere tra le due ma dal punto di vista pratico è meglio credere alla prima.

L’agnosticismo attuale che caratterizza l’irreligione afferma che non c’è nessuna ragione per porre il problema dell’esistenza di Dio perché l’affermazione della sua esistenza è logicamente senza senso ed inutile dal punto di vista pratico. Mentre l’ateismo si fondava sulla dimostrazione che Dio non esiste, con l’irreligione la questione della sua esistenza o meno è proprio inutile porla. Nella irreligione anche il rinvio alla pratica è bloccato, perché la tecnica si sostituisce al religioso impedendoci di coglierne l’essenza. Quando parliamo di tecnica parliamo di spirito di tecnicità, il che significa che mentre nel vecchio agnosticismo ci conveniva dire che Dio esiste, oggi non perché c’è la tecnica che dà all’uomo le risposte di cui ha bisogno. Oggi c’è solo una dimensione orizzontale, non c’è più speranza (vedi Giovanni Paolo II “varcare le soglie della speranza”). Oggi è un tempo appiattito che non ha uno slancio, anche quei surrogati di religione non esistono più. Secondo questa visione la questione dell’esistenza di Dio in quanto questione inutile presto sarà dimenticata.

Il fenomeno della crescita dei beni e dei consumi, che è un fenomeno inesorabile in questa società opulenta, secondo questa impostazione porterà all’eutanasia della religione. Questa irreligione occidentale è ad un livello di empietà maggiore rispetto al vecchio ateismo classico perché rifiuta l’idea stessa di religione e sostituisce al divino il progetto umano.

L’irreligione inoltre è un fenomeno di massa che si è radicato all’interno della massa, non è più solo una cosa d’élite come nel 600 in cui l’ateismo era solo per gli intellettuali. Oggi la difficoltà della recezione del sacro è cosa comune e dilagante, quindi dal punto di vista ideale questa irreligione è una specie di forma a priori, una specie di tappo che impedisce sia la recezione della religione sia dell’ateismo e infatti oggi parliamo di assenza di ideologia. Oggi l’unica forma di affermazione di verità metafisica rimasta è il Cristianesimo, è la Chiesa, con il suo apparato dogmatico. L’irreligioso non si pone proprio la questione del trascendente mentre per l’ateo il cristianesimo diventa un nemico da abbattere, bisogna sostituirsi ad esso e al suo insieme di verità. L’ateismo conserva qualcosa di religioso mentre l’agnostico è irreligioso, per cui la vita del uomo irreligioso può essere modificata solo, dalla tecnica da cui attende ogni salvezza.

L’ateismo classico, in fondo, è una forma di religione secolare che trasferisce ciò che era il divino nelle mani dell’uomo e l’uomo lo vitalizza a suo vantaggio. L’ateismo sostituisce alla religione lo stato, la divinizzazione dello stato. Per Hegel lo Stato è l’ingresso di Dio nel mondo. Pensiamo alla sofferenza della Chiesa nei primi 30/40 anni del ‘900 in Europa. La scomparsa, quindi, del problema di Dio è avvenuto nella società opulenta. Perché? Sembrerebbe il risultato di un fatto sociologico, pratico e invece non è così. Quello che vogliamo dimostrare è che le radici di questo fenomeno irreligioso sono profondamente filosofiche, riguardano tutto l’occidente che ad un certo punto della sua storia è come se avesse girato le spalle a Dio.

Nell’irreligione troviamo alcuni concetti dell’ateismo classico però diluiti. Per es.: l’assassinio di Dio, Dio è morto di Nietzsche aveva ancora un’atmosfera surreale, quasi un rito di liberazione. Invece, nella condizione attuale questo stesso evento è diventato una questione inutile perché il rapporto uomo – natura è cambiato e ciò proprio grazie alla tecnica. Nel passato la religione aveva anche un valore sociale che oggi è venuto meno, proprio nella società supertecnologica si vengono paradossalmente a creare delle forme di teologia che accolgono questa istanza irreligiosa, la fanno propria; per esempio, la teologia della morte di Dio, la teologia della secolarizzazione, la teologia politica etc., ma sono forme di teologia, tentativi essi stessi irreligiosi. Il pensiero irreligioso afferma che del mito della religione l’uomo ne perderà completamente l’idea, il ricordo, quando il dominio dell’uomo grazie alla tecnica sulla natura sarà pienamente realizzato, quando cioè l’uomo diventerà egli stesso creatore.

In questo contesto irreligioso la religione diventa nient’altro che un curioso oggetto della scienza, della sociologia, della psicologia, dell’etnologia; si studia cioè la genesi del fenomeno religioso, che per tanto tempo della storia umana ha avuto un certo valore nella vita dell’uomo e quando se ne è capita l’origine la si è relativizzata e resa oggetto solo di studio, l’uomo è convinto di averla risolta e quindi pensa di non averne più bisogna: se ne fa la genealogia, nient’altro. Vogliamo quindi dimostrare che l’origine filosofica del fenomeno irreligioso è un elemento imprescindibile alla sua comprensione, le è essenziale e fondamentale.

C’è un motivo filosofico a partire dal quale si è sviluppata l’irreligione, perciò dobbiamo rivolgere la nostra attenzione all’ateismo filosofico e successivamente poi far discendere un’analisi sociologica e psicologica. Qual è la tesi comunemente accettata?  Quella che c’è un rapporto diretto tra il progresso della tecnica e l’aumento dell’irreligione. La tecnica abolisce il tempo sacro perché sostituisce la preoccupazione del fare a quella dell’essere. Qual è l’atteggiamento religioso per eccellenza? E’ quando chiudiamo le mani. Significa che di fronte a determinate situazioni non posso far più nulla. L’atteggiamento religioso è riconoscere l’incapacità di poter risolvere una determinata situazione. La tecnica invece indica il fare e si basa sull’efficacia del risultato; l’atteggiamento tecnico è il fare ed il produrre. Questo atteggiamento è opposto a quello religioso, ciò però non significa che il Cristianesimo escluda la tecnica, anzi non solo la tecnica è compatibile con il Cristianesimo, ma lo sviluppo della tecnica nell’ambito della rivoluzione scientifica del XVII secolo non può essere pensato se non all’interno di una civiltà cristiana. L’atteggiamento filosofico di fondo è che chi prega ci dice che oltre alla tecnica c’è qualcos’altro, riconosce che la sua umanità non basta, mentre la tecnica si fonda sull’efficacia del risultato e afferma fortemente che l’atteggiamento rivolto verso l’esterno, che è quello del fare, è l’unico che ha senso, mentre l’atto dell’interiorità è un atto opposto a quello della tecnica.

La tecnica produce una seconda innocenza questo è l’inganno profondo, ovvero è come se l’uomo si convincesse di una innocenza di un tipo diverso in cui l’uomo si sente pulito e senza peccato. La tecnica cioè produce la cancellazione della condizione di peccato dell’uomo in termini della filosofia della religione, il suo status naturae lapsae, quindi tutto quello che ha a che fare con il Cristianesimo nell’orizzonte della tecnica perderà il significato; non c’è nessun testo di filosofia che parla di metafisica, oggi si parla di tutt’altro, la metafisica ha perso di significato per la stessa filosofia, che oggi si pensa in termini post-metafisici, infatti la questione dell’essere è stata eliminata dall’orizzonte problematico della filosofia attuale. Il progresso della scienza è il progresso dell’intelligenza, viene ribadito. Il pensiero religioso, quella forma di pensiero che si pensa all’interno di un orizzonte religioso, non può accettare questo fatto, perché se si accettasse questa stretta connessione tra progresso della tecnica e sviluppo l’irreligione rischieremmo di non comprenderne fino in fondo la dinamica e l’atteggiamento religioso risulterebbe destinato a sparire in virtù dell’inarrestabile progresso della tecnica. Ciò sta a significare che il pensiero religioso non può accettare questa analisi secondo la quale lo sviluppo della tecnica comporta un’eliminazione del Cristianesimo per cui siccome la tecnica non può che svilupparsi, il Cristianesimo è destinato appunto a sparire. Se noi accettiamo questa impostazione avremmo già chiuso. Il nostro obiettivo allora è quello di dimostrare che non c’è sviluppo scientifico se non nell’ottica del Cristianesimo, quindi non c’è incompatibilità di principio tra Cristianesimo e sviluppo della tecnica, anzi. Allora l’analisi di ciò che è accaduto deve tener conto di un altro meccanismo che è accaduto all’interno della storia europea e che ha determinato l’insorgere della modernità: il passaggio dalla esaltazione dell’antico a quello che è moderno, nous, appunto, in contrapposizione all’antico. Ciò che è nuovo ha senso, ciò che è antico non serve a niente. Tutto questo si è determinato nella nostra civiltà quando ci si è chiesti: cosa imitavano gli antichi, quegli stessi antichi che noi tanto imitiamo? E ci si è data questa risposta: la natura. Allora, che senso ha imitare gli antichi, tanto vale imitare la natura stessa. Si innesca dunque un meccanismo di cancellazione del valore apodittico e magistrale del passato. Questo meccanismo che è un meccanismo tecnologico industriale diventa anche un meccanismo di pensiero, un modo di rapportarsi con le cose. La tecnica ci educa ad un taglio con il passato. Perché la tecnica produce una seconda innocenza? Perché fondandosi sulla tecnica l’uomo non ha bisogno che di se stesso. E quindi la sua condizione di dipendenza, di limite, di finitezza, di peccato viene meno. Gli si crea una nuova purezza che è una conseguenza del fatto che l’uomo con la tecnica può senza nessun limite fare della natura ciò che vuole. Quindi lo stato iniziale di peccato, che presuppone la grazia, nella tecnica viene cancellato. Ecco perché la visione del mondo pan-tecnicista possiede e offre uno stato di innocenza che non richiede la grazia ma la totale fiducia nella tecnica. Infatti, questa visione è anche un po’ diversa da quella classica di Comte, quindi del positivismo della metà 800. Comte affermava che la religione dell’umanità aveva come fondamento la scienza, e questa è una visione secolarizzata e secolarizzante della di religione, dove la scienza si sostituisce alla religione. Nel pensiero irreligioso però non c’è più nemmeno questa tendenza della religione dell’umanità, in Comte c’è il progresso dell’uomo, la scienza, la tecnica, in cui il progredire significa l’emanciparsi. Oggi, invece, viviamo in una fase neoilluminista dove il mito della ragione che deve sostituire Dio è la linea portante della modernità; mentre in Comte c’è una linea ideale, cioè l’uomo raggiunge il progresso attraverso la tecnica, oggi è la tecnica che guida il progresso, il che significa che il progresso è asservito all’incremento della tecnica stessa, è al suo servizio, tant’è che l’uomo è diventato esso stesso oggetto dello sviluppo della tecnica, perciò oggi si parla di alienazione nella dimensione irreligiosa ed è la tecnica appunto che guida questo processo.

In che modo si incontrano l’idea della tecnica e l’idea del progresso? L’idea del progresso è legata allo sviluppo della scienza. Si parla di progresso con la rivoluzione scientifica, progresso delle scienze e quindi progresso della società umana. Da dove viene fuori l’idea di progresso? L’idea che il domani sarà migliore di oggi? Da una versione secolarizzata del cristianesimo, della concezione cristiana del tempo. Caduta – incarnazione – parusia. Se alla concezione del tempo leghiamo questa visione religiosa abbiamo il tempo progressivo che è fondamento del concetto di progresso. Perché il progresso è il miglioramento rispetto a ciò che è stato. E’ una versione secolarizzata della teodicea. Questa concezione del tempo ha il primo grande pensatore in S. Agostino. Sono due idee, quella di tecnica e quella di progresso, che sono correlate. Però l’idea del progresso è valida solo nel campo della scienza e della tecnica e trova in essa soltanto la sua conferma. Quindi man mano che si estende la mentalità tecnologica si estende anche quella di progresso e in questa estensione di idea di progresso si manifesta un carattere, quello che la tecnica diviene una soluzione irreligiosa al problema del male. Un postulato che è opposto a quello del peccato, cioè è come se il contesto è talmente cambiato nel senso che nel contesto ateo, precedente alla irreligione, lo scontro tra il pensiero religioso e il pensiero ateo avveniva sulla questione del male (se Dio c’è come mai c’è il male nel mondo?). Ma se partiamo da questa constatazione alla fine il pensiero teologico ha sempre la meglio perché è l’esperienza stessa del male che invoca la presenza di Dio. Nell’orizzonte della tecnica non c’è questa situazione perché il pensiero irreligioso dice che il male, cioè il disordine, è risolvibile attraverso la tecnica nel momento in cui la applichiamo. Quindi nella concezione irreligiosa viene evidenziata la volontà di potenza umana che si manifesta in questo spirito della tecnicità, questa tensione al progresso, il quale progresso dipende dall’uomo, dalla volontà umana, il mondo può migliorare se noi lo vogliamo, cioè se l’avanzata ella scienza e della tecnica non sarà impedita da forze contrarie la razionalizzazione, cioè la religione. Ecco perché all’interno della nostra società c’è un outsider della religione, perché viene vista come elemento che frena ed impedisce lo sviluppo della tecnica e l’emancipazione dell’uomo. La religione in fondo dice che l’uomo non è padrone della sua vita e quindi diventa forza contraria allo sviluppo della tecnica.

Il progresso si sviluppa eliminando anche quegli aspetti sociali, politici, psicologici che sono legati alla religione. Nel contesto della nostra società ciò si evince dall’avversione dell’ingerenza della Chiesa nei confronti della politica, in realtà la Chiesa dice ciò che pensa. In tale contesto si vuole impedire alla Chiesa di dire la sua, perché è una voce che dice qualcos’altro. Dal punto di vista del vissuto c’è un risentimento nei confronti di chi parla di valori assoluti, i quali sono avversi al progresso (esempio della Bioetica che vorrebbe salvaguardare la vita dell’uomo in qualsiasi modo anche esasperando, mentre la Bioetica cristiana salvaguardia la vita dell’uomo rispettando precisi valori). Nell’atteggiamento progressista c’è insita una posizione di rottura con la tradizione (il vecchio), si parla di rottura ed inconciliabilità, c’è la separazione tra ciò che è razionale e l’irrazionale, tutto ciò che è intangibile è male e viene messo da parte.

Inoltre, attualmente l’idea del progresso non ha più quel carattere etico tipico dell’800, oggi essere progressisti significa non essere più protesi verso il senso umanitario.

Oggi non c’è più l’identificazione tra progresso e rivoluzione, oggi non c’è più la spinta verso il cambiamento ed il miglioramento (rivoluzione), il progresso non ha nulla di rivoluzionario.

Questo è accaduto perché l’idea di rivoluzione e progresso hanno un’origine diversa. L’idea di progresso è nata con la rivoluzione scientifica mentre l’idea di rivoluzione nasce da una tradizione laica e secolarizzata del pensiero escatologico della filosofia della storia. Lo scopo era quello di realizzare la società perfetta dell’uomo in base alla forza dell’uomo stesso e alla sua visione del futuro, la realizzazione del Regno di Dio senza Dio. Come si fa a passare dalla tecnica allo spirito di tecnicità? La tecnica è la capacità dell’uomo di interagire con l’ambiente mentre lo spirito di tecnicità che caratterizza la nostra società è un’altra cosa, è una rivolta dei valori nei confronti del Valore.

E’ successo questo, nel conflitto lo spirito di tecnicità ha preso, per motivi diversi, il posto del Valore e guida lo sviluppo della società. La tecnica si è posta come valore assoluto senza nessun fondamento metafisico per la natura pragmatica della tecnica stessa.

 

Rapporto tra cristianesimo e tecnica

 

Oggi vogliamo capire se la società tecnica è compatibile o meno con il cristianesimo, se la società tecnica è la conseguenza stessa del cristianesimo.

Abbiamo analizzato la concezione della fisica nel pensiero classico di Aristotele e in quello di Cartesio e abbiamo fatto un confronto. Aristotele attraverso la fisica definisce il mondo come un cosmo ordinato di enti, forme che costruiscono un’armonia perfetta di fronte al quale il fisico contempla. Il termine “teoria” per Aristotele significa contemplare, la fisica di Aristotele è contemplativa ed il fisico è spettatore. Invece, nella concezione di Cartesio e nella scienza moderna il mondo è concepito come una macchina che funziona nella dimensione temporale e lo scopo dello scienziato nei confronti della natura sta nel conoscere questa natura non per contemplarla ma per utilizzarne le forze a vantaggio dell’uomo. Questo è il senso profondo della rivoluzione scientifica del 600 che già inizia con Telesio. La scienza deve migliorare la vita dell’uomo. Il sogno della scienza moderna è quello di sollevare l’uomo dalle fatiche.

La fisica di Aristotele è astrattiva, egli astrae dai bisogni ai quali l’uomo è soggetto e riduce il mondo ad una cosa da contemplare attraverso l’intelletto puro. Infatti, le virtù eccellenti per Aristotele sono quelle dianoetiche (hanno a che fare con il pensiero) e non quelle etiche; la virtù per eccellenza è la sapienza che è unione di scienza e intelligenza, è la contemplazione dell’essenza delle cose. Per l’uomo la felicità è la realizzazione della sua intelligenza che contempla la verità delle cose.  L’aspirazione dell’uomo è raggiungere la contemplazione delle cose.

Quella di Cartesio è una fisica da ingegnere, lo scopo è conoscere ed usare le forze della natura per migliorare e trasformare la società nella NUOVA ATLANTIDE.

Da una parte c’è una fisica che è teoria e contemplazione del cosmo (ARISTOTELE) e dall’altra una fisica che è sforzo per l’utilizzo delle forze della natura (CARTESIO).

Quella di Aristotele è una fisica contemplativa che avviene attraverso la conoscenza, si colgono gli aspetti universali, essenziali, stabili delle cose, mentre la fisica di Cartesio si fonda sulla distinzione tra soggetto conoscente e cosmo. C’è differenza di valore ma anche ontologica, l’uomo che conosce si distingue dalla natura e afferma se stesso come essere superiore alla natura. Egli è al di sopra della natura e il mondo è OBIECTUM.

Con Cartesio nasce la filosofia della soggettività, il soggetto non è più colui che soggiace a…ma è colui per il quale l’oggetto è. Ciò che era ente diventa per Cartesio Obiectum perché il soggetto si è posto al di sopra della relazione con esso. Il soggetto assume un valore inestimabile. Quale tra le due attitudini è più vicina al Cristianesimo? Quella di Aristotele o quella di Cartesio? Apparentemente potrebbe sembrare quella di Aristotele, invece è quella di Cartesio in quanto presuppone un orizzonte di pensiero e rapporto con la realtà che non appartiene al pensiero greco classico. In Aristotele questa fisica intesa come scienza della contemplazione ha a che fare con una visione politica che presuppone la schiavitù, questa dimensione della superiorità del filosofo saggio che è essere libero contemplatore del mondo e che ha bisogno degli altri, i quali lavorano per lui.

Invece, per Cartesio l’uomo in quanto uomo è al di sopra delle cose, esiste una democrazia di pensiero. Questo presuppone due cose: la superiorità dell’uomo in quanto uomo e la dignità dell’uomo rispetto al pensiero (egli è essere pensante). Per Cartesio chiunque in certe condizioni può esercitare il proprio pensiero.

Nella fisica di Cartesio il mondo è strumento per l’uomo, c’è la superiorità dell’uomo sulle cose, l’uomo è essere pensante e dominante il mondo. E questa superiorità del mondo sulle cose è una verità cristiana. Nel cogito c’è il concetto di uguaglianza di tutti gli uomini, in ogni uomo c’è la stessa natura, c’è dignità di essere pensante, a nessun uomo è dato il diritto di servirsi di altri uomini. Il cogito cartesiano pone l’anima al di sopra della materia, essa è padrona o meglio custode delle cose.

Del resto non è solo in Cartesio che riscontriamo questo concetto di superiorità dell’uomo, anche in Pascal l’uomo è “canna pensante” (l’uomo è superiore a tutto), così in Kant ed anche in S. Giovanni della Croce (solo l’uomo può pensare Dio). 

Quindi, originariamente la tecnica è la sostituzione dello sfruttamento delle cose sullo sfruttamento dell’uomo. Una negazione della tecnica in quanto tale non potrebbe che essere una negazione cristiano. Lo scopo è quello di migliorare il le condizioni di vita dell’uomo e la macchina deve sostituire l’uomo per aiutarlo a vivere meglio. Definito questo, che il cristianesimo come visione dell’uomo e delle cose, vuole la superiorità dell’uomo sulle cose e vede nella tecnica un aiuto per migliorare la sua vita, andiamo adesso ad analizzare l’altro aspetto della faccenda. Parliamo di Gabriel Marcel filosofo cristiano degli anni ‘20/’30 il quale ci fa capire l’altro aspetto della tecnica, quella che forse noi avvertiamo di più perché guardandoci intorno nessuno di noi dice che le origini dello sviluppo della tecnica sono cristiane anzi si dice che il cristianesimo impedisca lo sviluppo.

E allora com’è che successivamente la tecnica ha assunto il significato di portare l’uomo all’alienazione?   Nella società l’uomo è diventato da soggetto a oggetto dello sviluppo tecnologico, è diventato materia. Per tecnica Marcel intende qualunque processo o disciplina che dà all’uomo il dominio su un oggetto determinato. C’è un parallelismo tra il progresso della tecnica e quello dell’oggettività, più si sviluppa la tecnica e più le cose diventano oggetto e materia, e l’uomo è incluso, egli diviene macchina. Questo processo è all’infinito e porta alla spersonalizzazione dell’uomo, si verifica l’alienazione e la perdita di dimensione dell’uomo che porta alla conseguente perdita di soggettività.

Inoltre, nella visione della tecnica all’inizio è l’uomo che appare unico centro di ordine e di organizzazione nel mondo prodotto dal caso. Allo sviluppo della tecnica è collegato il mito di Prometeo in riferimento all’esaltazione della capacità umana, Prometeo aveva rubato il fuoco agli dei per portarlo agli uomini. Ciò che trasforma il caos in cosmo è l’intelletto umano.

Invece, alla fine, è lo stesso soggetto della tecnica a diventare oggetto del processo stesso, il processo colpisce l’uomo e lo spersonalizza. Da questo processo di spersonalizzazione c’è perdita di senso e valore nella sfera dell’interiorità, c’è impoverimento interiore con un’esaltazione della dimensione dell’immediatezza affettiva dal punto di vista psicologico.

Quindi si ha una società dove da una parte di assiste allo sviluppo della tecnica sempre più raffinato e approfondito e dall’altra l’immediato naturalismo e primitivismo, una esaltazione a soddisfare subito ogni bisogno.

Inoltre, la tradizione perde il suo valore ed il suo peso. La tecnica produce una innocenza, produce un nuovo Eden ed un equilibrio tra uomo e natura non più stabilito dalla Grazia divina ma dalla tecnica stessa. La conseguenza più immediata è la più radicale negazione della coscienza del peccato perché la tecnica rende nullo peccato e Grazia dal momento che queste sfuggono alla realtà umana.

La tecnica ha come conseguenza paradossale l’eliminazione radicale dell’azione soprannaturale che è la Grazia, quindi da questo punto di vista religione e tecnica sono contrapposte.

La religione è diversa dalla magia. I primi filosofi naturalisti del ‘400 – ‘500 quando parlavano di nuova scienza parlavano di magia bianca. La dinamica della magia è dominare ed imbrigliare le forze della natura per condizionare gli eventi. La visione scientifica vuole verificare tutto mentre la religione è apertura alla trascendenza. Nella religione l’uomo è di fronte a qualcosa che sfugge alle sue capacità, nella scienza invece è il contrario poiché tutto ciò che non è conosciuto si può conoscere con la tecnica.

La tecnica come magia riduce tutto alla manipolazione umana, tutto è prodotto dall’uomo, mentre nella religione c’è il trascendere e tutto sfugge alla manipolazione umana.

Alla fine, per la tecnica il mondo è una macchina, il cui funzionamento è soggetto ad errori che non sono imputabili a nessuno perché non c’è nessuno. L’uomo viene così ridotto e fagocitato dalla tecnica stessa. Si verifica l’alienazione, cioè la perdita del senso dell’altro in quanto altro. L’unico valore che resiste è il vitalismo o incremento della vita, ha senso solo ciò che incrementa la vita. Però una cosa è la tecnica in base ad una concezione cristiana e teistica dell’esistenza e dall’altra la tecnica all’interni di una concezione irreligiosa.

Il Cristianesimo non è incompatibile con la tecnica in quanto questa permette l’incremento della conoscenza. La concezione irreligiosa porta però il tecnicismo all’estremo e all’eliminazione della nozione di adorazione e peccato.  In una concezione teistica è la tecnica che, accetta l’idea di quella distinzione tra la realtà inferiore all’uomo e afferma che l’uomo oltrepassa la natura stessa.

Nella concezione irreligiosa c’è invece la desacralizzazione del cosmo e la spersonalizzazione dell’uomo ridotto a materia. Quindi ci chiediamo che rapporto c’è adesso tra la assolutizzazione della tecnica e la società del benessere? Non è lo sviluppo della tecnica in quanto tale a determinare la società del benessere e il fenomeno dell’irreligione, la causa invece è proprio la società opulenta che permette il determinarsi di una mentalità Pan-tecnicista. Nella società si è innescato un meccanismo di “deviazione” rispetto alla teleologia iniziale. Questo si è chiamato eterogenesi dei fini.

Non è lo sviluppo della tecnica a portare all’irreligione e alla società opulenta ma è proprio il realizzarsi della società opulenta che ha portato ad una iper-tecnicità ed ha causato il fenomeno irreligione, cioè la cancellazione dell’esperienza religiosa.  Questa non è solo l’idea di pensatori attuali come il Del Noce, già Husserl in alcuni suoi scritti affermava che la scienza ha perso il suo contatto con la vita, ha sostituito il modello matematico alla realtà ed ha provocato un appiattimento della realtà sul modello matematico. Più filosofi si sono accorti di una crisi dei valori all’interno della società occidentale ed hanno dato risposte diverse. 

In questa società si ha un paradosso, la società opulenta è caratterizzata dalla spersonalizzazione e dall’alienazione intesa come perdita del senso dell’altro, dalla comune radice che ci accomuna all’altro. Non c’è più comunicazione né con l’altro né con noi stessi, l’Io è frantumato. La società opulenta oggi si regge sul consumismo, sull’allargamento della fruizione dei beni, sull’espansione dei mercati. La società oggi è priva di senso, non esiste più il sogno agostiniano della Città di Dio. Ciò che determina la rivoluzione è l’indigenza e non l’alienazione. Il modello che rende possibile l’attecchire dello spirito rivoluzionario è quello l’indigenza, se si disinnesca questo meccanismo dell’indigenza non c’è meccanismo di rivoluzione se non quello dell’alienazione.