Edith Stein: IL PROBLEMA DELL’EMPATIA - breve nota

La scorsa volta abbiamo trattato della filosofia di E. Stein e abbiamo trattato dell’argomento della sua tesi di laurea e cioè l’EMPATIA. Ma su questo termine c’è una diatriba riguardo ai cosiddetti modi di tradurre questo termine.

Il termine empatia ha generato una serie di fraintendimenti al punto che empatia sta ad indicare qualcosa che non ha più niente a che fare con la ragione: “tra noi c’è empatia”, “io empatizzo”. Forse la Stein voleva dire qualcos’altro riguardo a questo concetto, concetto che era presente, ma non in maniera tematizzata, nella filosofia di Husserl.

=EINFÜHLUNG=

Filippini e Costa che sono i traduttori di Husserl utilizzano due termini simili.

1)     Filippini utilizza il termine ENTROPATIA, perché questo termine così tradotto sottolinea un aspetto che comunque c’è nell’ EINFUHLUNG e cioè “la necessità di sentire dentro l’altro”, il farsi recettivi rispetto alla sua interiorità.

2)     Filippo Costa preferisce il termine che noi conosciamo che è EMPATIA. Egli è il traduttore delle Meditazioni Cartesiane di Husserl. Anche i traduttori della tesi di laurea della Stein preferiscono usare questo termine. Quindi traducono EINFÜHLUNG con EMPATIA. Questa traduzione mette in risalto l’aspetto emotivo dell’EINFÜHLUNG che è fondamentale, è presente nell’atto empatico, ma non lo esaurisce completamente. Qui c’è un momento legato alla dimensione emotiva, sentire l’altro non vuol dire farsi un’idea dell’altro, ma stabilire con lui un rapporto di reciprocità, mettendo in comune vissuti, creando un’atmosfera di attesa.

3)     Melchiorre preferisce parlare di IMMEDESIMAZIONE perché questo termine sottolinea lo sforzo dell’io per comprendere l’altro. Nello sforzo che io faccio io mi immedesimo, cerco di capire, ma non solo a livello mentale, ma di vissuto.

4)     Enzo Paci nel 1954 traduce in italiano l’ultima opera di Husserl “la crisi delle scienze europee” e lui preferisce utilizzare il termine INTROSENTIRSI perché con questo termine vuole sottolineare la laboriosità di tutte quelle operazioni che si trovano nelle operazioni dell’EINFUHLUNG, un serie di atti in un atto solo. In più questo introsentirsi sottolinea da una parte lo sforzo di afferrare l’interiorità dell’altro, ma anche il sentire se stessi nell’esperienza dell’altro, cioè il cogliere il sé nel cogliere l’altro.

Emerge la dimensione intersoggettiva, l’EINFUHLUNG diventa fondamentale soprattutto nel pensiero della Stein tanto che la sua è una fenomenologia dell’empatia, perché emerge l’elemento dell’intersoggettività.

Cosa è l’empatia?

L’empatia è un atto originario in cui si coglie un vissuto non originario, un atto originario dal contenuto non originario. L’atto è mio, perché sono io che empatizzo la stanchezza vostra, è un vostro vissuto ma io la empatizzo la vostra stanchezza. Il contenuto è vostro, io empatizzo perché sono io che sto cogliendo il vostro vissuto, ma il contenuto no perché la stanchezza è vostra, non è mia, io sto fresco! Quindi un vissuto originario dal contenuto non originario.

Io colgo il vissuto dell’altro.

I MOMENTI DELL’ATTO DI EINFÜHLUNG

I momenti dell’atto d’empatia sono tre:

un amico viene da me e mi dice che gli è morto un parente e io mi rendo conto del suo dolore. Dice la Stein che significa questo rendersi conto di questo doloro? Questa è proprio l’EMPATIA.

1)     Il primo momento è l’EMERGERE DEL VISSUTO, questo vissuto si rende manifesto. Il vissuto emerge nel volto d’altri,  nel corpo, ad esempio l’arrossirsi: io mi accorgo che una persona è timida perché il suo volto è cambiato. Quindi c’è un emergere del vissuto.

2)     L’APPROSSIMARSI AL VISSUTO D’ALTRI. È praticamente quel momento in cui noi riteniamo essere l’empatia perché è quello dell’immedesimazione, dell’avvicinarsi al vissuto d’altri. Questa, dice la Stein, è un’esplicitazione riempiente! Perché io mi avvicino, questo vissuto viene colto nella sua natura, ma poi prendo le distanze perché questo vissuto viene oggettivato.

3)     OGGETTIVAZIONE DEL VISSUTO ESPLICITATO.

Dunque, che significa questo rendersi conto? Io colgo il vissuto d’altri in quanto vissuto d’altri e qui finisce l’atto di empatia, poi se io partecipo al dolore dell’altro è un altro vissuto. Ma se io non mi sono reso conto che quello è un dolore perché io ho fallito nell’atto di empatia (cosa che di solito non accade mai, ma può succedere, ad es. l’altro sta male e io faccio una battuta fuori luogo, può succedere).

Il mio prendere posizione rispetto al vissuto dell’altro è un altro vissuto, quando io ho colto il vissuto dell’altro finisce l’empatia (che è un rendersi conto del vissuto d’altri) perché poi c’è un altro vissuto che è quello che io faccio nei confronti dell’altro.

Es: lei è contento perché sta finendo l’ora, io me ne rendo conto. Che cosa significa questo rendermi conto?

- nel primo momento questo vissuto di gioia emerge;

- nel secondo momento io mi approssimo, in questo approssimarmi al suo vissuto (che è sempre un suo vissuto) io ne prendo parte, sono partecipe. Poi mi rendo conto che cosa è questa natura, fatto questo, se io gioisco di questa gioia, questa mia gioia è un’altra cosa, è la mia gioia, non è la sua gioia.

Così abbiamo concluso ciò che riguarda la tesi di laurea della Stein sul problema dell’empatia.