LA FILOSOFIA COME FENOMENOLOGIA TRASCENDENTALE
Per filosofia intendiamo una scienza; fin dall’inizio la filosofia ha avuto questa pretesa, quella di essere un sapere certo, con il termine greco EPISTEME si intendeva un sapere certo che non varia con il mutare delle condizioni soggettive dell’osservatore o dalle condizioni contestuali.
Oggi questa pretesa viene contestata dalle scienze positive che accusano la filosofia di essere una filosofia favola per visionari e non può essere scienza.
Noi invece attraverso Husserl diciamo che c’è la possibilità di definire la filosofia una scienza, essa è scienza fondamentale. In tedesco scienza si dice WISSENSCHAFT, un “wissen” (sapere e “schauen” che significa vedere) che vede, cosa? Das Wesen, l’essenza, l’invarante che varia e che si dà nel variarsi degli atti intenzionali. In questo senso la filosofia è visione dell’essenza delle cose, essa risponde all’antichissima domanda che si ponevano i filosofi: “che cosa è?” Significa vedere l’essenza della cosa, ciò che di quella cosa rimane nonostante il variare delle condizioni.
Però la filosofia non è immediata, l’atteggiamento che noi abbiamo verso il mondo, è un atteggiamento naturale ed ingenuo tipico dell’essere umano, è un modo naturale di relazionarsi al mondo che non tiene conto di un fatto, cioè che il significato che noi diamo alle cose non sempre è scontato. L’uomo può scoprire che una cosa ha un significato diverso da quello che ha per lui. La cosa ha un proprio essere, una propria essenza ed il lato che la cosa offre all’uomo è solo uno dei molti. (Esempio: il telefonino per noi ha un significato mentre per un aborigeno ne ha un altro). Quindi nell’atteggiamento immediato con le cose non vediamo la differenza tra l’oggettività e la soggettività della cosa, noi diamo per scontato quello che vogliono dire per noi le cose ma non andiamo al di là delle cose stesse. Non solo, noi possiamo dirigere la nostra attenzione su noi stessi e quindi uscire da quella posizione immediata che abbiamo quando ci consideriamo nel centro del mondo; io do per scontato che sto nel centro del mondo e vedo, invece io posso fare un passo indietro e vedere me che guardo, considerarmi quindi non solo oggetto che guarda ma oggetto che fa parte del mondo. Da ciò si comprende la differenza tra atteggiamento naturale ed ingenuo da quello filosofico o scientifico (Esempio del caffè, se io dico che quello è il caffè è un atteggiamento naturale ma se io rifletto su a che temperatura deve bollire l’acqua per far uscire il caffè, come deve essere la tostatura, ecc… l’atteggiamento è filosofico o scientifico).
L’atteggiamento naturale è quello nel quale viviamo, quando prendiamo le distanze dall’oggetto ed indaghiamo l’atteggiamento diventa filosofico. Pitagora diceva che il filosofo deve osservare con attenzione e descrivere perfettamente, l’atteggiamento che vogliamo descrivere è il vedere in maniera interessata, questo è il soggetto teoretico. Quindi facciamo un passo in più, passiamo da un atteggiamento naturale ad uno riflessivo. Tutte le scienze della natura (chimica, fisica, ecc…) e sociali (psicologia, sociologia, etc.) partono dall’esperienza e ritengono che questa sia scontata; gli scienziati partono dall’esperienza e studiano le cause e gli effetti. La filosofia invece non muove dall’esperienza, non si interessa delle caratteristiche degli oggetti. Oggetto non è solo ciò che è in questa circostanza, l’oggetto ha una propria essenza ossia delle caratteristiche che inieriscono in maniera necessaria senza le quali non potrebbe essere ciò che è.
La fenomenologia è una scienza che studia le essenze. L’essenza delle cose è ciò che da Platone in poi è detta ente (TA ONTA). Nella misura in cui la filosofia è ricerca dell’essenza è ontologia. Il termine ontologia è stato abbandonato nel corso dell’età moderna, esso è stato recuperato da Husserl, Stein, ecc…. e dalla scuola fenomenologica. Ogni scienza per essere tale ha necessità di un metodo, un oggetto ed un campo di indagine.
Ma esistono questi oggetti? La fenomenologia ci aiuta a comprendere gli oggetti.
La filosofia è il fondamento di tutte le scienze positive perché indaga su ciò che esse danno per scontato, essa indaga sui fondamenti delle altre scienze. Il metodo della filosofia non si può fondare sulla base di nessuna scienza positiva, per esempio io non posso fondare la filosofia a partire dalla psicologia. Le conoscenze scientifiche non ci servono a nulla, esse devono essere messe da parte o sospese per definire il compito ed il metodo della filosofia, se vogliamo che questa sia scienza assoluta o Proto-filosofia o scienza prima. Non ci serve né l’esperienza, né il risultato delle scienze, né l’esperienza prescientifica cioè quell’esperienza relativa all’atteggiamento naturale e quotidiano, perchè l’ambito della ricerca filosofica deve essere un ambito di CERTEZZA ASSOLUTA.
L’esperienza naturale differisce da quella scientifica perché è depurata dagli interessi pratici. La nostra esperienza è caratterizzata dall’incertezza, è parziale, è soggettiva, contingente e dubitabile. Abbiamo messo tutte le esperienze tra parentesi, sia quelle naturali che quelle scientifiche.
Se vogliamo giungere ad una vera conoscenza o filosofia cosa ci rimane? Sono certo di dubitare ed essere io che sto dubitando. La certezza è solo questo: il sapere che dubito.
La fenomenologia dice che rimane ogni vissuto (il pensare, il dubitare, il ricordare), rimane la coscienza che non è psicologica, la coscienza come IO che dubito, IO che sento, IO che ricordo. Se abbiamo messo l’esperienza tra parentesi rimane questo mio essere rivolto verso qualcosa. Quindi per la fenomenologia esistono quelle certezze che io vado cercando.
La prima cosa da fare in fenomenologia è l’EPOCHE’ che significa sospendere il giudizio sulla realtà del mondo. Ciò che interessa non è ciò che vedo, quello che interessa sono quegli atti della coscienza per mezzo dei quali la cosa viene significata in quel modo. Il mondo è ridotto a fenomeno della coscienza, in cui esistono il soggetto che percepisce e la percezione, (voi percepite la mia voce, c’è la mia voce, il vostro percepire e la voce percepita. La mia voce è fuori di voi mentre dentro c’è il fatto che state percependo la voce e la voce percepita). Mi interessa studiare la dinamica di relazione tra me ed il ricordo, tra me e la volontà, tra me e la percezione, etc. C’è il soggetto che ricorda ed il ricordo, il percepire e la cosa percepita, l’ascoltare e la cosa ascoltata, etc. In fenomenologia il ricordare, il percepire, il sognare, etc. sono VISSUTI INTENZIONALI DELLA COSCIENZA. In fenomenologia quando si parla di coscienza si deve sempre dire che la coscienza è sempre coscienza di qualcosa. Ricordo di qualcosa, percezione di qualcosa, è un tendere della coscienza verso qualcosa. Questa è l’intenzionalità della coscienza o vissuto intenzionale.
Esiste un contenuto rivolto verso un oggetto che gli è correlato, c’è relazione tra soggetto e cosa percepita, la coscienza quindi è sempre caratterizzata dai vissuti intenzionali, c’è un fluire di vissuti intenzionali come un torrente in piena. Il compito della fenomenologia è quello di descrivere questi atti intenzionali, è una pura descrizione fenomenologica, cioè bisogna cogliere l’elemento essenziale. Secondo Husserl ogni vissuto intenzionale ha due aspetti: l’atto del percepire e la cosa percepita, l’atto del ricordare e la cosa ricordata, ecc… Questi due aspetti sono le due facce dell’intenzionalità e sono chiamati NOESI (il pensare, il ricordare, etc.) e NOEMA (il ricordato, il pensato, etc.). Queste due cose sono interne alla coscienza.
La coscienza è come un cerchio, nel centro c’è Dio che spara tutti i raggi, i quali sono il percepire, l’ascoltare, etc. L’orizzonte della coscienza è il fenomeno e la cosa sta al di fuori della coscienza, sta al di là. Quando io applico l’epochè, il mondo viene ridotto a fenomeno della coscienza intesa come attività intenzionale. L’esistenza reale di tutto il mondo viene messa tra parentesi e perde la validità reale, si riduce a fenomeno della coscienza. Il campo di conoscenza assoluto è il campo dei fenomeni o Vissuto intenzionale della coscienza ed è trascendentale perché questa struttura ci riguarda tutti. Questo procedere è di tutti noi, è universale e necessario, c’è in ogni uomo.
Lo studio degli atti intenzionali è il campo della certezza assoluta, cioè dei vissuti puri della coscienza. Solo così possiamo cercare di rispondere alla domanda del che cosa è? Questi vissuti intenzionali non sono stati psichici e facenti parte della psicologia.
La psicologia studia per esempio la percezione, cerca di misurarla e di comprenderne la dinamica, ma dà per scontato che la percezione ci sia. La fenomenologia invece si chiede che cosa sia la percezione e in che cosa si distingue dal ricordo.
La psicologia studia gli stati psichici, la psiche e la relazione con il mondo, da per scontato il mondo, l’esperienza e la psiche stessa. E’ una scienza delle cose reali, della realtà. La fenomenologia invece è una scienza della coscienza pura, e la coscienza pura non fa parte del mondo ma è un correlato del mondo, cioè è relazionato ed è qualcosa che emerge quando si sospende quella cosa, quella volontà. L’IO psicologico è una parte del mondo, l’IO puro ha il mondo di fronte a sé come suo correlato e non è parte del mondo.
L’oggetto della fenomenologia sono queste descrizioni, non è il singolo vissuto ma la struttura essenziale del vissuto.
La fenomenologia si chiede cos’è che appartiene in modo necessario ed insopprimibile all’essere della percezione. Cos’è che fa si che la percezione sia percezione, la volontà sia volontà, ecc…..
E l’atto che ci permette di fare questo è l’INTUIZIONE dell’essenza, essa è una riflessione immanente che ci permette di esaminare il contenuto dei vissuti.
Quindi, fenomenologia è scienza dell’essenza che mette in chiaro la natura essenziale, universale e necessaria di questi atti della coscienza, cioè delle forme della coscienza.
Per far questo la fenomenologia deve prescindere del tutto dalle circostanze reali e mutevoli (epochè), nelle quali gli elementi del vissuto non sono importanti.
Esamino la cosa nella sua essenzialità, immanenza, ontologicamente.
In questi ultimi tempi si assiste ad una lotta tra scienza e relativismo, episteme contro doxa.
Fenomenologia è scienza rigorosa che inizia con la sospensione del mondo (epochè), tutto ciò che rimane è residuo del mondo, viene ridotto a fenomeno della coscienza.
Lo scopo della fenomenologia è analizzare gli atti intenzionali della coscienza nella sua struttura noetica – noematica. Quindi :
1) riduzione fenomenologica;
2) riduzione idetica ossia analisi degli atti intenzionali della coscienza dal punto di vista noetico e dell’essenza;
3) riduzione trascendentale, la quale fa emergere l’IO puro che per Husserl è l’IO sono.