l'importanza della filosofia russa nel progetto di ricostruzione dell'identità europea

La filosofia russa di Florenkij, Berdjaev, Solovëv, solo per citare qualche nome, ha un compito attualissimo da svolgere nei confronti della filosofia dell’occidente, ed europea in particolare, finora inimmaginabile e, per certi versi, non ancora manifestatosi pienamente. Tale compito viene dalla missione che il pensiero russo è chiamato a svolgere nei confronti dell’Europa. Questa missione gli viene dal suo essere l’Oriente dell’Occidente, dal suo avere una un compito e una responsabilità nei confronti dell’Europa che viene dalla Provvidenza, vichianamente intesa, di quell’Europa che ha smarrito se stessa, che ha perso il legame con le sue radici e che non sa più nemmeno cosa sia. Non è guardando all’estremo occidente, alla terra dell’ultimo tramonto e della sua filosofia decadente che l’Europa può ritrovare la sua anima, ma sta nel saper guardare dentro l’anima del popolo russo che essa potrà ritrovare se stessa e riconciliarsi con suo destino, inteso come destinazione cui è chiamata (ovvero come vocazione) e, quindi, ritrovare il suo compito storico.

Dostoevskij, in fondo, aveva pienamente ragione quando diceva che un giorno l’Europa avrebbe scoperto la Russia come un giorno scoprì l’America; tutto ciò a significare che l’Europa vedrà nella cultura russa il riflesso della propria anima, ancora giovane e preservata dalla profonda decadenza in cui, invece, oggi essa si trova. Ciò non significa affatto che, per ritrovare se stessa, l’Europa debba russificarsi, sarebbe un grave errore; significa piuttosto che, dalla filosofia e dalla cultura russa, dall’incontro con la sua sorella europea, l’Europa può ritrovare la sua via, il senso e l’essenza del suo essere.

Il contributo fondamentale che il pensiero russo può darci sta nel suo profondo legame che essa ha con Platone, nel suo relazionarsi a Platone con la sensibilità tipica della cultura russa. Si badi bene, che qui non si intende solo del suo contributo filologico alla conoscenza del pensiero di Platone, quanto piuttosto una prospettiva, di un modo di approcciare le cose che l’Europa e l’occidente, completamente materialista hanno perso. Mi riferisco in maniera specifica alla lettura che Pavel Florenkij fa di Platone, aprendo degli orizzonti interessantissimi per il discorso filosofico attuale.

È la dimensione dello spirito che la filosofia occidentale ha perduto e che va riconquistata al pensiero; è la dimensione della trascendenza verticale che dalla rivoluzione protestante e dall’illuminismo, con la conseguente secolarizzazione, si è andato sempre più perdendo Europa e in tutto l'Occidente. In fondo, fu l’apostolo Andrea che condusse Pietro da Gesù: questo è il compito che la provvidenza ha assegnato alla Russia. Il pensiero secolarizzato che pervade di se l’occidente, in ambito antropologico ha ridotto l’uomo alle sue funzioni biologiche; ha abbassato l’uomo al livello dell’animale, facendo propria la prospettiva humiana, e alzato l’animale al livello dell’uomo, abbattendo le barriere tra le specie animali. Non si parla più di un’anima tantomeno dello spirito. La filosofia russa, direttamente e indirettamente, può ridare linfa al pensiero europeo; direttamente con i suoi autori, indirettamente con il suo approccio, la sua via (Odós, in greco). Qui sta la sua grande missione, qui il suo compito storico.

D’altra parte spetta all’Italia, culla della civiltà dell’Umanesimo e del Rinascimento, cuore dell’Europa Cristiana, raccogliere questa sfida nella modernità, lottando titanicamente contro le forze della secolarizzazione che agiscono dentro e fuori la Cattolicità europea. Avvertiamo, infatti, che l’Europa si sgretola, che ha smarrito se stessa, proprio ora che crede, o finge di credere, di essere all’apice del suo senso, di aver raggiunto la piena realizzazione del suo compito storico. Ma la cifra della sua identità sta nel Cristianesimo, anzi nel cattolicesimo. Avendo perso il suo senso con la secolarizzazione, essa ha perso anche il legame con le sue radici greco – romane. La multietnicità viene  da essa intesa non come dialogo tra i popoli, ma viene invece vista come creazione di un non-popolo di paria semi-schiavi, di una moltitudine senza identità; inserita plaghe, isole, collettivi di identità – le nuove tribù primitive in cui degenera la civiltà nel modello antropologico post famiglia (poliamore, poligamia, gender) – anche etniche in conflitto tra loro, in perpetua stasis, come teorizzato dai marxisti post-leninisti.

È la non-terra, cui mira il progetto della società aperta, dell’ultra liberismo che sfocia nel neosocialismo più feroce e di cui la UE è il modello, il motore e la quintessenza. A ragione Augusto Del Noce affermava che solo nel caso in cui “la Chiesa Cattolica supererà la sua crisi” (L’Epoca della Secolarizzazione, 71) l’Europa ritroverà se stessa. Il compito che ci sta davanti è uno solo, ed è questo, ed è un contributo squisitamente socratico: scuotere l’Italia dal suo torpore, dal suo sonno dogmatico.

Ma il paradosso profondo sta nel fatto che l’Europa è convinta di marciare verso la sua libertà compiuta; e con essa l’intero occidente. In realtà, ci stiamo avviando sempre di più verso un processo di asservimento e di svuotamento della libertà. La secolarizzazione, ovvero la convinzione che le cose del secolo, e con esse anche l’uomo, siano indipendenti dal Cristianesimo è il peccato originale della contemporaneità europea, di quella che chiamo l'ULTRAMODERNITA'.  Ma questo processo ha radici storiche profonde, che trovano nella rivoluzione protestante un loro momento fondante. Ritengo, perciò, che sia proprio il contributo di pensatori come Dostoevskij, Berdjaev, Florenkij, Solovëv, Sergeij Bulgakov, solo per citare i più rappresentativi, a far emergere con chiarezza cristallina tale questione di fondo e ad indicare la via del ritorno alla dime4nsione dello spirito. Molto abbiamo da imparare dai pensatori russi, intendendo con questo termine sia i filosofi sia i poeti sia gli scrittori di questa affascinante terra.