Una nota sulla follia del nostro tempo

La condizione di follia che caratterizza il nostro tempo consiste nella creazione di uno spazio sociale “virtuale”, virtuale nel senso di non reale, di negazione della realtà, in cui l’uomo di oggi vien fatto vivere. Intendo dire che, attraverso i media, il sistema legislativo, la scuola, la cultura, si è costituita una realtà artificiale in cui l’uomo moderno è costretto a vivere, dove libertà e oppressione si sono invertite di ruolo. Con si intende che la libertà che vengono spacciate come diritti servono, in realtà, a creare nuova schiavitù morale. Mentre, infatti, il dovere è il rispetto della realtà, nella sua più profonda essenza, in quanto il dovere è ciò che io devo agli altri, ovvero mi pone in una relazione con gli altri di servizio. Da un punto di vista psicologico, la pazzia consiste proprio nella incapacità di distinguere il sogno, l’allucinazione dalla realtà, ed è proprio questo ciò che stiamo vivendo: la confusione tra finzione e menzogna da una parte, e la realtà dall’altra. Menzogna che è finzione, voluta e costruita, ultimo effetto della “Volontà di potenza”. Ecco perché, in un modo inaspettato, il frammento eracliteo sul Logos è emblematico perché descrive proprio questa condizione di slittamento tra sonno e veglia.

Di questo Logos che è sempre gli uomini non hanno intelligenza, sia prima di averlo ascoltato sia subito dopo averlo ascoltato; benché infatti tutte le cose accadano secondo lo stesso Logos, essi assomigliano a persone inesperte, pur provandosi in parole ed in opere tali quali sono quelle che io spiego, distinguendo secondo natura ciascuna cosa e dicendo com’è. Ma agli altri uomini rimane celato ciò che fanno da svegli, allo stesso modo che non sono coscienti di ciò che fanno dormendo”.

Questo frammento esprime esattamente la condizione del nostro tempo e la condizione di follia di questo tempo consiste proprio in questo: nel confondere il sonno con la veglia. Sonno significa, sogno; sogno significa narrazione; narrazione significa Mito. E che cos’è il mito? Un tentativo di comprensione della realtà che prescinde dal Logos. Solo che in quest’epoca post- Loghica il terreno del mito non attinge più al divino e alla Trascendenza (vedi Nietzsche), ma alla scienza che, a sua volta, non si fonda più sulla verità ma sulla volontà di potenza.

In questo senso Eraclito è chiaro: “Tutto accade secondo questo Logos”, ma essi, i dormienti, non comprendono. Questo è l’esito ultimo della rivoluzione copernicana operata da Kant in filosofia: il ritorno del mito, di un mito-scienza al servizio dell’incremento della Potenza e della negazione della libertà. Il Mito è, infatti, finzione, racconto, non episteme, scienza e conoscenza dell’essenza delle cose. Il mito qui non è nemmeno il mito platonico che, in realtà nel tentativo di tornare ai pre-socratici si è giunti alla pre-filsosofia, come sarebbe giusto chiamarla, piuttosto che post-filosofia. In realtà, questa funzione mitica di racconto non vero, ma ideologicamente pregno, è sviolto dalla scienza, quella con al “S” maiuscola.

Attraverso questo strumento primo della “Wille zur macht” la tecno-scienza crea il mondo falso in cui ci troviamo. Ma la scienza, proprio in quanto tecno-scienza, è al servizio dell’incremento   della potenza, della volontà di potenza, che spaccia per libertà la schiavitù del singolo.

Sonno al posto della veglia dando la convinzione, a chi è nella condizione di dormiente, di essere nella veglia. La tecno-scienza al servizio indiscriminato della potenza, che determina a suo piacimento l’essere dell’ente in funzione dell’incremento incondizionato della potenza, fa dell’uomo stesso un elemento dell’incremento indiscriminato della potenza.