S Tommaso, lectio 3
Filosofia teoretica/ III
MIRTO
Lezione IV 22-11-16
Pima di cominciare vorrei sottolineare alcuni punti grazie ai quali la filosofia medievale, prime e poi quella moderna ha assunto dei tratti originali rispetto
alla filosofia greca. Anche per sottolineare che se non ci fosse stata la speculazione filosofica teologica del medioevo, probabilmente la modernità così come la conosciamo non esisterebbe proprio.
1) Il primo concetto che la filosofia eredita
dalla Rivelazione, nella filosofia medievale è il concetto di Dio come essere da cui tutti gli enti finiti derivano e dipendono per quella che si chiama PARTECIPAZIONE ENTITATIVA: cioè Dio è l’essere da cui tutti gli enti derivano
significa:
1. dire che Dio è Creatore e gli enti sono creati;
2. l’essere che hanno è ricevuto, Dio da l’essere agli enti per cui esistono. Essere significa esistente.
2) CONTINGENZA DEL MONDO. Concetto che i Greci
non hanno mai contato, che è una conseguenza del Dio che crea ex nihilo cioè dal nulla. Dire che il mondo è contingente significa dire che è così, poteva essere diverso e poteva anche non essere. Cioè è una
conseguenza del fatto che Dio con un libero atto della sua volontà ha deciso di creare, poteva anche non farlo. Dio non doveva creare per forza, decide di rendere partecipi del suo essere degli enti che non esistono proprio ed è come se si mantenessero
su Dio. E come se gli enti fossero sulla sua mano, ma una volta tolta cadrebbero. Ma Dio una volta creato l’ente non distrugge la sua esistenza. Dio dà l’essere e non lo ritira più.
3)NOZIONE DI LIBERTÀ UMANA che è
una conseguenza della libertà di Dio. L’uomo è libero perché Dio lo ha creato libero. Il concetto di libertà che viene fuori dal cristianesimo è molto diverso dal concetto di libertà classico perché l’uomo
è libero in quanto è a immagine e somiglianza di Dio. Però, questo si integra con la tradizione platonica- aristotelica, soprattutto con quella aristotelica.
4) La nozione di libertà umana dà origine al concetto di STORIA
intesa non come passaggio da un’età all’altra, ma storia intesa come luogo in cui l’uomo realizza la sua libertà verso un fine che si prefigge, cioè storia come produzione di novità, come nuovo. Il concetto di
storia inteso come produzione di cose nuove è una conseguenza del concetto di libertà umana ereditato dal concetto di libertà di Dio.
5) NOZIONE METAFISICA DI PERSONA. Questo concetto caratterizza l’antropologia e cambia le
relazioni dell’uomo con il cosmo (natura) e con lo stato.
6) CONCETTO DI NATURA non più divinizzata, perché Dio rispetto alla natura è il trascendente. Però la natura in quanto opera di Dio ha una positività intrinseca,
dentro di sé, e quindi una sua inesauribile potenzialità.
7) Da questa idea viene fuori il CARATTERE POSITIVO DELLA SCIENZA E DELLA TECNICA. Soltanto in un contesto cristiano è stata possibile la rivoluzione scientifica, cioè
la rivoluzione scientifica non è stata possibile presso nessuna altra civiltà, solo in occidente perché è una conseguenza di tutti una serie di concetti che sono stati elaborati dalla filosofia medievale e che poi la filosofia moderna
ha ereditato. Chi non conosce la filosofia medievale non è in grado di capire la modernità. Questo diventa interessante per capire le relazioni tra modernità e medioevo, modernità e antichità.
Il maggior apporto dato
dalla filosofia medievale è la nozione di DIO COME ESSERE SUSSISTENTE cioè il concetto nuovo di essere rispetto a quello greco. Si rifà al brano
dell’Esodo “io sono colui che è” (eiè ascè eiè).
La Rivelazione, Dio si fa presente a Mosè e dice “io sono l’Essere, colui che è”.
La modernità eredita il CONCETTO DI PERSONA intesa come dotata di caratteri unici e irripetibili della persona che non sono assimilabili
alla genericità della natura umana. Io non sono una specificazione dell’essere uomo, in ognuno di noi c’è una un’unità, unicità irripetibile che è il fondamento del concetto della dignità umana. Senza
questo concetto che viene dalla dimostrazione dell’immortalità dell’anima individuale di Tommaso è il fondamento del concetto della dignità della persona umana. E il modo in cui il pensiero tomassiano risolve questo problema
della psicologia di Aristotele è diverso dalla filosofia araba di Averroè e quella ebraica di Maimonide. Tommaso conclude un discorso che fa capo alla riflessione dei padri però si trova in maniera cristallina nell’incontro tra Aristotele,
Agostino e Tommaso, ma è Tommaso che fa questa sintesi, cioè una sintesi della filosofioa cristiana che viene da tutte quelle espressioni teologiche sul concetto della persona all’interno della Trinità, delle relazioni intra-trinitarie.
Alla base dell’elaborazione del concetto di persona individuale come essere unico e irripetibile c’è la traduzione in termini antropologici del concetto di persona che i padri della chiesa hanno incominciato ad usare nel dibattito intra-trinitario.
La differenza tra l’Essere di Dio e le persone. Alla base di tutto questo lavoro teologico, siccome Lui ci ha fatti ad immagine e somiglianza di Dio, quella grossa riflessione plurisecolare (a partire dai padri della chiesa), viene tradotta a livello
antropologico e viene a determinare il concetto di persona che poi è stato anche ripreso dal personalismo del 900 ed è comune, anche nella forma secolarizzata, cioè quella che non si fonda sul cristianesimo, ed è il principio su
cui si fondano tutti i valori della cultura occidentale. Il concetto di persona che rende l’uomo unico e irripetibile e la traduzione in termini umani di quel discorso filosofico fatto sulle persone divine. Alla base c’è tutta la riflessione
teologica sulle persone della Trinità (Padre, Figlio e Spirito) e dei rapporti infra-Trinitari e poi tutto questo è stato tradotto anche in termini antropologici. È una scoperta della filosofia cristiana che viene dalla riflessione su
Dio e poi è stato rielaborato dal pensiero filosofico anche moderno. Questo per dire che non è vero che esiste una frattura tra modernità e medioevo, ma che il medioevo è alla base della modernità.
Concetti trascendentali
Questo termine trascendentale è stato usato da Kant. Ma Kant lo prende dalla tradizione aristotelica e gli da un significato nuovo in linea con quella che è la sua rivoluzione antropologica, cioè le categorie dell’ente.
Che
cosa sono i trascendentali?
Abbiamo visto, nelle lezioni precedenti, UNUM, VERUM dal punto di vista logico, ci mancava la novità che introduce Tommaso rispetto ad Aristotele rispetto al concetto BENUM dal punto di vista ontologico. Aristotele quando
ha parlato di “vero” si è limitato alla dimensione del discorso, discorso vero e discorso falso. La verità, fino ad Aristotele, rimaneva nel discorso del ragionamento, vero o falso è un ragionamento. Un ragionamento è
vero quando dice come stanno le cose ed è falso quando dice il contrario. Per essere vero un ragionamento l’intelletto umano si deve adeguare alle cose, questo è il modo di pensare di Aristotele e Tommaso approfondisce questo discorso dicendo
che la verità del discorso logico è ADEGUATIO INTELLECTUS NOSTRI AD REM cioè vero il discorso che si adegua, il quale il nostro intelletto si adegua alle cose. Questa è la verità logica: il nostro intelletto si adegua alle
cose. Però Tommaso introduce anche un altro concetto che è una conseguenza del
concetto di creazione, cioè la verità anche dal punto di vista ONTOLOGICO. La verita, il vero non appartiene solo alle cose, ma alla natura dell’ente
stesso.
Che significa dire che ogni ente è vero, OMNE ENS EST VERUM?
significa dire:
- ogni ente è intellegibile, razionale.
- ogni ente esprime per quello che può il suo autore, cioè il creatore.
Infatti
la verità dell’ente è definita da Tommaso:
ADEGUATIO REI AD INTELLECTUM DEI=l’adeguarsi della cosa all’intelletto di Dio
Significa esprimere la verità ontologica dell’ente. Dio è somma verità,
sommo essere dunque ogni ente in quanto è creato esprime quel quantum d’essere che è la sua natura, ciò che quell’ente è e nell’esprimere questo esprime ciò che quell’ente veramente è rimandando
al Creatore che gli ha dato l’essere. La verità dell’ente è essere l’ente che è, perciò è l’adeguarsi della cosa all’intelletto.
La verità logica di Aristotele riguarda il discorso,
quindi l’adeguarsi del nostro intelletto e d è conservata così da Tommaso. La verità ontologica dipende dal fatto che ogni ente, per quello che può e per quello che è riflette il creatore. Le cose create sono vestigia,
impronte di Dio, poi man mano che aumenta l’essere, quell’ente è più essere quindi più verità dal punto di vista dell’essere, ma esprime Dio. Il pioppo, per il fatto stesso che è pioppo, pioppeggia. Così
la pietra, pietreggia. Cioè riflettono l’essere stati creati da Dio e il realizzare ciò che quell’essere è.
L’uomo deve diventare uomo e questo diventare uomo implica anche la libertà perché l’uomo
è creato libero. Questo è ancora più chiaro con il concetto di bontà dell’ente. Se tiro una freccia, la freccia va a finire là, almeno che non ci sia qualche fenomeno (ad esempio, una pietra che viene lanciata) e la
freccia viene deviata. Naturalmente tende a raggiungere quel fine; così l’albero nel suo realizzarsi tende a quello che è: una vite non dà un arancio x natura. Nella sua natura è quello di essere ciò che è.
Tutti questi enti che sono presi in considerazione, non sono dotati di libertà. Perché entra in gioco quello che definiamo la “vocazione di un ente”, non sono dotati di libertà e naturalmente realizzano quello che sono.
Ora invece, gli enti dotati di libertà, i puri spiriti finiti e gli uomini che sono stati creati liberi, sono chiamati, senza eliminare la libertà, a realizzare ciò che è il loro essere vero. Infatti la Bibbia dice che solo ad
Adamo ed Eva, Dio gli dà un comando “voi potete mangiare tutto tranne che questo”. Se Dio da un comando significa che uno è in grado ddi dire sì o di dire no, non è obbligato. E nella prospettiva della possibilità:
se io chiedo ad ognuno di voi una cosa, la mia richiesta presuppone la vostra possibilità di farlo, altrimenti è una richiesta assurda. Già nel testo biblico è espresso questo concetto, cioè Dio ha creato l’uomo libero,
non può prescindere dalla sua libertà. Non è che Dio automaticamente ha creato l’uomo indipendentemente dalla sua libertà. Questo è riconosciuto anche dalla psicologia, quando dice che lo sviluppo biologico dell’uomo
è un fatto automatico, ma lo sviluppo della persona no, non dipende solo da una serie di fattori, ma dipende anche da come io rispondo a questi fattori.
Tornando alla dimensione ontologica, la verità dell’ente, cioè il realizzare
ciò che quell’ente è, non prescinde, nel caso dell’uomo, dalla libertà dell’uomo. Diventare uomo implica un assenso libero dell’uomo a riconoscersi dipendente da Dio. Diventare uomo, non è un fatto automatico,
perché entra in gioco la libertà. Che cosa è la libertà? È la possibilità di poter fare una cosa o l’opposto. Il comando di Dio è un’invocazione alla libertà dell’uomo, è la prova
che da all’uomo x riconoscere la sua indipendenza da Dio. Qual è il peccato di satana? Non riconoscere nessuno sopra di me, non dipendere. La dipendenza sta nell’accettare liberamente un comando. Ma l’uomo lo può annullare,
perché è libero e di fatti la storia è andata come è andata, poteva andare anche diversamente, e non cadere nella tentazione. L’uomo poteva superare la tentazione obbedendo, invece ha preferito…
Dio sapeva che
andava così, ma ha preferito dare la libertà all’uomo, se Dio non avesse creato l’uomo libero non l’avrebbe creato a sua immagine e somiglianza. La prescienza di Dio, non esclude la libertà dell’uomo perché
altrimenti l’agire dell’uomo non sarebbe stato un agire libero, ma un agire necessitato e poiché l’uomo è stato creato libero, liberamente può aderire a realizzare la sua natura.
La bontà dell’ente OMNE
ENS EST BONUM
Cioè ogni ente è buono, significa che è stato creato e dal punto di vista ontologico è buono, la sua bontà ontologica, non di bontà umana. Dio che è buono non può che fare cose buone.
La bontà ontologica dell’ente sta a sottolineare che quell’ente è creato e in un certo senso riflette la bontà del creatore che lo ha creato. Qui ritorna di più quello che è il discorso della LIBERTÀ che
riguarda gli spiriti finiti e gli uomini. Collegandoci a quello che dicevamo prima, io liberamente posso optare x una situazione o l’opposto, io posso scegliere di non realizzare ciò che è il mio ente e dunque di non tendere al fine ultimo
che e Dio, perché solo tendendo a Dio e facendo coincidere il fine ultimo del mio agire con Dio che è il Bene, io realizzo quella bontà che è in me e dunque quella bontà dal punto di vista ontologico e il che significa che
il cristiano non può essere pessimista. Senza entrare nel discorso del bene morale, sottolineiamo che la libertà non può rimanere al di fuori della realizzazione di ciò che quell’ente è, cioè io non posso realizzare
ciò che sono prescindendo la mia libertà ecco perché Dio non interviene mai nel tempo della vita terrena. Verrebbe meno a ciò che Lui ha fatto, la verità dell’ente implica la libertà e la realizzazione dell’ente.
Questo vale anche x gli spiriti finiti (angeli), solo che non c’è tempo e quindi non c’è redenzione, perché non c’è tempo proprio x la loro natura e non è vera la dottrina di Origene poi condannata dalla
chiesa, dell’APOCATASTASI che non è possibile, sarebbe quella dottrina che dice che alla fine anche gli angeli decaduti si sarebbero salvati, quindi l’inferno sarebbe vuoto, ma purtroppo non è vuoto.
Cosa è buono?
Tommaso
dice che la “bontà implica il desiderio della perfezione”, e le cose sono buone
- in quanto Dio le ha volute, quindi Dio ha dato l’essere;
- dall’uomo sono buone in forma derivata, cioè l’uomo ama le cose
perché sono buone, esattamente il contrario di quello che diceva Kant rispetto alla buona volontà che viene intesa come la volontà che vuole le cose buone. Per dircela in linguaggio agostiniano: siccome l’amore è la volontà
non è il sentimento, il bene è l’amore ordinato che ama le cose attraverso Dio. L’amore disordinato del peccato ama le cose sostituendo le cose a Dio, così facendo fallisco il bersaglio e la radice in ebraico del termine “peccato”
significa proprio fallire il bersaglio. E come se io per raggiungere questo bersaglio devo metterci la mia libertà e come se devo conoscere la mia natura dipendente, ma in tutto questo c’è bisogno della Grazia.
LA FILOSOFIA DEL DIRITTO
DI TOMMASO
L’uomo è, e questo lo eredita da Aristotele, per sua natura, razionale, cioè ha
1. INTELELTTO TEORETICO, in grado di conoscere
2. INTELLETTO PRATICO in grado di agire.
Questa natura razionale è a fondamento
della teoria politica e etica di Tommaso perché l’uomo conosce il fine a cui ogni cosa tende per natura. Conoscere un certo ordine al sommo del quale c’è Dio come ente supremo. Infatti esiste una facoltà nell’intelletto
pratico che si chiama SINDERESI che è la capacità di cogliere i principi primi del bene.
Mentre l’intelletto teoretico ha la capacità di cogliere gli universali delle cose, questo è un libro e questo oggetto rientra in
una classe superiore che è il suo essere libro.
Intelletto pratico che guida l’azione e l’appetito razionale dell’uomo, ha una facoltà che si chiama “sinderesi” che è la capacità di cogliere i
principi primi dell’agire del bene, tendere al fine ultimo che è Dio. Infatti le confessioni di sant’Agostino dice: “ci hai creati per Te e il nostro cuore è inquieto finché non riposa in Te”. Manca sempre qualcosa,
questo tendere, questa impronta che Dio ha messo nella creatura, per cui la creatura tende sempre a questo fine ultimo che è Dio.
Se il mio intelletto, in questo istante, fosse in grado di vedere Dio, io non potrei desiderare Dio. Dunque, la mia
libertà sarebbe sospesa. Talaltro io nella mia esperienza quotidiana non incontro mai il bene, ma incontro sempre degli enti che sono buoni da un certo punto di vista e meno buoni dall’altro. Il che significa che devo sempre scegliere se quell’ente
è ordinato al fine ultimo o no. Posso anche decidere che quella cosa non va bene e scegliere anche quella cosa che non va bene e posso anche giustificarmi nelle decisioni. Ma Dio non lo incontro mai nella mia esperienza quotidiana, il Bene x cui sono
stato creato, ma incontro sempre dei beni finiti, ciò significa che posso sceglierli e posso anche non sceglierli, perché sono dotato di libertà, il libero arbitrio che è la capacità sempre rispettata di Dio, nella lettura
del vangelo : crocifissione, due ladroni, uno bestemmia e l’altro chiede di essere giustificato, due fetenti uguali e uno capisce di fronte a chi sta ed esercita la sua libertà, anche l’altro è libero, libero di non riconoscere, la
libertà dunque, non è mai toccata da Dio. Il libero arbitrio è questa facoltà dell’uomo. Tutto è buono però diventa buono dal punto di vista morale se è ordinato al fine ultimo, ma io posso sempre scegliere.
Dio si rivela, ma siccome l’uomo è capace di Dio, siccome la ragione umana fa parte dell’essere uomo, l’uomo è chiamato anche a comprendere x meglio capire. Dio si rivela, ma questa rivelazione presuppone la fede l’intervento
della ragione.
Tommaso vede la radice del male come mancanza di bene, come PRIVAZIONE del bene, l’uomo è libero si dirige verso un fine, ma può scegliere un fine diverso dal fine ultimo, cioè tradire la sua verità ontologia.
L’uomo può realizzare o no il bene. Il male è privazione del bene.
La filosofia del diritto di Tommaso:
Tommaso distingue tra:
LEX ETERNA è la legge non solo di Dio, ma di tutta le creazione, cioè è l’ordine
dell’universo e quindi ci possiamo mettere anche l’ordine fisico delle cose. È l’ordine con cui Dio ha creato le cose e siccome Dio è intelligenza e l’intelligenza è ordine, Dio ha creato le cose con ordine.
LEX NATURALIS (legge naturale) è ciò che l’intelligenza umana riesce a cogliere della legge eterna, ciò che l’intelligenza umana riesce a cogliere della legge eterna è la legge naturale. Tanto è vero che la
definizione è “patecipatio legis aeterni in rationali creatura”: la legge di natura è alla base di tutti gli ordinamenti, è la capacità dell’intelligenza umana di cogliere la legge eterna.
In quanto esseri
naturali, gli uomini conoscono la legge naturale e prescrive che ogni ente:
- punta alla conservazione di sé, La legge naturale già di per se vieta il suicidio
- procreazione tra maschi e femmine,
- cura della prole,
- evitare
il male e compiere il bene.
LEX UMANA
LEX DIVINA