Ogdoos

                                                

Tu lo vedi, Admeto, l'età quanto

grava, attaccata all'osso tira

verso il basso e solo quel tanto

che le basta. Per chi la ruota gira

gherontocrazia vita non cede.

Testarda, sempre di più nella spira

s'avvita, come se dovesse piede

su terra sempre tenere. L'autunno

maestro, cresce e muore, non chiede

altro; così dell'onda 'l mare alunno

diventa per apprendere quest'arte

che sempre sotterra invece lo munno,

perché nel gioco le è controparte

scemare e così solo resiste

proprio quando vita solca e sparte.

A che dunque chiedere ancora liste

di giorni ai mortali? Ognuno

l'osso suo a sé trattiene, piste

diverse vanno indagate. Alcesti,

forse, che lì attonita osserva

nell'alba già del futuro i resti,

potrebbe la chiave di tutto, cerva,

nella mano tenere, come foglia

quando rugiada serba e di Nerva

la nuova era gestare nel grembo.

Ma perché desta ora ti ritorni,

non come Euridice che solo lembo

e ombra lasciò ad Orfeo, che storni

tu l'abbraccio: è questo il destino.

Non dire altro, trattieni nei giorni

il suo sguardo, come promessa, fino

a che il risveglio della primavera

ced’ al vento la resina di pino.