Realismo metafisico oltre il nichilismo

«La Filosofia, in specie quella teoretica, è una lotta per la verità, ed in essa ne va di noi» (V. Possenti)

 

Nella Prefazione alla sua monumentale Storia della filosofia greca e romana il filosofo G. Reale, il maggior esperto italiano di Platone, nel 2008 scriveva così: «Oggi si è diffusa una sorta di sfiducia nella Filosofia in generale […] Qualcuno parla addirittura della filosofia di oggi come di pensiero post-metafisico. Viviamo, cioè, in un momento in cui nella crisi della filosofia si è inserita altresì una filosofia della crisi della Filosofia, vale a dire un pensiero che teorizza la fine della filosofia in quanto tale». Un pensiero, si badi bene, un pensiero.

Reale parla della de-ellenizzazione come aspetto della filosofia della «crisi della Filosofia» e conclude dicendo: «Volendo rinunciare al Logos greco si rinuncia al Logos in quanto tale». La perdita del senso della filosofia ha come conseguenza questa teorizzazione della fine della filosofia. La mentalità scientifico-tecnologica della tecnoscienza ci ha abituati a ritenere valido solo ciò che è accertabile, controllabile attraverso il calcolo e l’esperimento (cfr Gadamer, critiche a Kant). La moderna mentalità politica, derivata dalla tecnoscienza, ci fa credere che è valido solo ciò che sa far cambiare le cose (senza porsi il problema del cambiamento metanoia degli uomini stessi) Non la teoresi ma la prassi – si dice- è quello che conta. Non serve il Θεωρεν, il contemplare la realtà, ma calarsi attivamente in essa. E, così, da un lato alla filosofia si vuol imporre il metodo delle scienze, che la fa cadere insperabilmente nello scientismo; mentre dall’altro, un condizionamento di tipo attivistico la fa degenerare nell’ideologia e nel prassismo. Il Θεωρενè l’essere stesso della filosofia e il Θεωρενsi dà, nella sua più alta forma, come METAFISICA, una sua rinuncia a ciò la porta ad essere, non disinteressata contemplazione del vero ma interessata elaborazione di idee asservite a logiche pragmatiche e di potere. Concludo con una citazione dalla Metafisica di Aristotele: «Una cosa possiede tanto di verità quanto possiede di essere» . (Aristotele, Metafisica, Γ)

Le nuove filosofie post-metafisiche finora sono state, nella quasi totalità, o tentativi di risolvere la crisi della filosofia dall’interno dello stesso paradigma antimetafisico o, peggio, assunzione della crisi come dato definitivo e ineliminabile della post-filosofia. Il comito della filosofia oggi sarà quello di contestare la perversa forma di «scientismo» che ispira la maggior parte del mondo culturale: «Insomma, se si deve filosofare, si deve filosofare e, se no si deve filosofare,  si deve ugualmente filosofare. Se infatti la filosofia esiste, siamo tenuti in tutti i modi a filosofare, dato che esiste. Se invece non esiste, anche in questo caso siamo tenuti a cercare come mai la filosofia non esiste; ma, cercando, filosofiamo, perché il cercare è la causa della filosofia» (Aristotele, Protret. ticoTrattare oggi della natura della filosofia significa ritenere già stabilmente stabilito un punto essenziale: la necessità per l’uomo, per ciò che egli è, per ciò che deve essere, del filosofare» (N. Abbagnano, Introduzione al l’esistenzialismo). «È anche giusto denominare la Filosofia scienza della verità, perché il fine della scienza teoretica è la verità, mentre il fine della pratica è l’azione» (Aristotele, Metafisica, A 2, 993, 19ss.). « Ὀρθῶς δ̛ ἒχει καὶ τὸ καλεῖσθαι φιλοσοφίαν ἐπιστήμην τῆς ἀληθείας. Θεωρητικῆς μὲν γὰρ τέλος ἀλήθεια πρακτικῆς ̛δ ἔργον». «Quello che prima si chiamava Metafisica è stato, per così dire, estirpato fin dalla radice, ed è scomparso dalle scienze» (Hegel, Scienza della logica). La metafisica è stata seppellita talmente tante volte che vien fatto di giudicarla immortale. (Nicolás Gomez Davila, In margine ad un testo implicito, Adelphi, Milano, 2001).

La tesi di Aristotele illustra il destino ineludibile della Metafisica, il suo compito in relazione al logos, mentre la tesi di Hegel descrive bene la condizione storica ancora oggi. La tesi di Gomez Davila mostra invece come la Metafisica sia non un accidente storica ma un ontologico fondamentale del pensare umano in relazione all’essere. Mentre Hegel, da buon idealista, partiva dal pensiero puro astratto e indeterminato, cui la logica apponeva le proprie categorie per giungere così ad una metafisica dell’immanenza da lui definita «vera e propria metafisica, ossia la filosofia pura speculativa», secondo lui raccordabile con quella greca. Noi riteniamo – dice Possenti – si debba partire dal trascendentale «ente» e non dal pensiero o dall’essere astratto. Per fare ciò va ribaltato l’antirealismo della filosofia moderna, essa stessa è un problema filosofico e un ciclo chiuso risoltosi nella postmodernità. All’antirealismo della filosofia contemporanea si collega l’oblio dell’essere; infatti, dove domina l’oblio dell’essere è assente un sano realismo il cui scopo è la conoscenza dell’essere. Nonostante i tentativi di ripresa di diverse correnti di pensiero contemporaneo, non venivano risolte le aporie: verità = consenso (soggettiva), posizione per cui l’oggetto del conoscere è il linguaggio e non la verità: 1) Riduzione della verità al CONSENSO; 2) oggetto del conoscere è il linguaggio e non la realtà; 3) Rifiuto del concetto di verità come adequatio del pensiero alla realtà. Hans Jonas, nella ricerca di un fondamento metafisico per la morale scriveva: «…è necessario trovare un fondamento metafisico per la morale. E il mio destino filosofico è stato proprio quello della ricerca di tale fondamento. E ciò mi ha posto in disaccordo con quasi tutte le correnti dominati della Filosofia del XX secolo; in disaccordo con la Filosofia analitica, in disaccordo con il Positivismo logico, con la filosofia del linguaggio e così via. In queste posizioni si è decretato che sono accettabili unicamente quei problemi, accettabili filosoficamente, per i quali ci si può aspettare una risposta empiricamente verificabile […]. Ebbene, una siffatta concezione è proprio una autocastrazione della filosofia. Ed io mi rifiuto di piegarmi a questo imperativo della filosofia del XX secolo» (H. Jonas, Tecnica, libertà e dovere).

Intermezzo tommasiano

Nel De ente et de essentia San Tommaso d’Aquino affronta la questione dell’ente che darà le basi alla sua ontologia. Egli si definisce aristotelico, conosce il pensiero di Aristotele per mezzo delle traduzioni dall’arabo al latino, e per mezzo di una traduzione dall’originale greco direttamente al latino fatta dal domenicano Guglielmo di Moerbeke. «Cum igitur gratia non tollat natura sed perficiat, oportet quod naturalis ratio subserviat fidei sicut naturalis inclinatio voluntatis obsequitur charitati»  (Summa Thelogiae, I, q.1, art. 8). Ente ed essenza sono sono concetti fondamentali (quae primo intellectus concepitur) perciò bisogna averli chiari per non incorrere in errori. 1) cosa significano questi termini; 2) che rapporto hanno con i primi predicabili: genere, specie, differenza specifica prima l’ente che è concreto poi l’essenza che è astratta. L’ente (ciò che è) si può intendere in due modi: «uno modo quod dividitur per decem genera, alio modo quod significat prorpositionum veritatem». L’ente può essere o ente reale (pietra, uomo, etc) oppure ente logico

[l’è della copula nella proposizione, (S) è (P) / (S) non è (P)].

Se si dice che l’affermazione è contraria alla negazione o che la cecità è nell’occhio si parla con verità, ma l’è della copula non significa che l’affermazione esista, né che esista la cecità. Esistono uomini affermanti ed esistono cose intorno a cui si possono fare delle affermazioni ma le affermazioni non esistono; esistono occhi privi della loro funzionalità ma non esiste la cecità: La cecità è il modo in cui l’intelletto esprime il fatto che certi occhi non vedono, non tutto ciò , che è oggetto di pensiero esiste così come è pensato: Distinzione fra ente reale ed ente logico, l’ente reale è l’ente di cui si può parlare di essenza. L’essenza di un ente è ciò che si esprime nella definizione quando si dice che cosa (quid) un ente è l’uomo è un animale razionale e politico, talora l’essenza è detta forma o natura. L’essenza di un uomo è la sua anima, anzi l’anima e il corpo insieme. Un ente può esistere solo in quanto è qualcosa di determinato, ovvero in quanto è un «questo qui» una «quidditas», quiddità, ogni realtà in cui distinguiamo l’essenza e l’essere, ogni realtà che ha l’essere, ma che non è l’essere stesso, deve aver ricevuto l’essere da altro, e precisamente da quello che non ha ricevuto l’essere ma che è il suo stesso essere, questo è la ragion d’essere, la causa essendi di ogni realtà: Dio «ciò che riceve qualcosa da qualcuno è in potenza rispetto a ciò che riceve, e ciò che è ricevuto in esso è il suo atto». Vi è dunque potenza e atto nelle sostanze separate, poiché la loro essenza è in potenza ad essere: L’essere e ciò per cui un’essenza esiste. Il sapere è conoscenza dell'essere (del reale) e deve dunque rapportarsi all’essere, mentre la ricerca della struttura fondamentale dell’essere deve partire dall’ente, ente inteso come sinolo essentia- esse (actus essendi). L’ente è dunque il punto di partenza della nostra inchiesta; esso è Immediato = le cose esistono, e l’apparire dell’ente è l’originario. Il discorso metafisico comincia col prendere sul serio l’ente come primo dato, anziché la nichilistica Riduzione della verità al consenso. Per la filosofia ermeneutica l’oggetto del conoscere è il linguaggio e non la realtà; e, dunque, c’è un chiari rifiuto del concetto di verità come adequatio del pensiero alla realtà. Tali aporie conducono a: 1) rifiuto del concetto di verità come adequatio intellectus nostri ad rem; 2) imporsi di forme di nichilismo speculativo. Realistica è, invece, una filosofia che considera l’essere/il reale la causa e il contenuto del conoscere. Da ciò deriva che è l’essere la misura del concetto e non viceversa, e questo significa che sono le cose ad esser causa del conoscere, ciò implica che il trascendentale primario sia l’ens e non il verum. Il pensiero è pensiero dell’essere ed è manifestativo dell’essere perché il soggetto conoscente è ontologicamente aperto all’essere

Controrivoluzione copernicana

Il realismo parte dall’esperienza. Questa non va intesa alla maniera dell’empirismo (= mera recezione del sensibile) e nemmeno come costruzione del mondo, (cfr. idealismo), essa va intesa come presenza delle cose e dell’essere al pensiero, presenza pregna di un contenuto intellegibile da conoscere. Essa si presenta come una sistematica aperta socraticamente volta all’arricchimento che viene dall’esperienza. Il senso comune raggiunge verità e certezza, ma non in modo scientificamente consapevole e riflesso (cfr Husserl -  Lebenswelt - il mondo della vita). Esiste una comprensione originaria del mondo e di sé pre-scientifica, ma non per questo non vera, che avvolge l’uomo e precede ogni conoscenza rigorosa. Sistematica ed aperta, eco il modo di presentare oggi una nuova Metafisica. Il telos della filosofia verso il vero appaga l’uomo nella sua più profonda natura; la metafisica, come teologia razionale, si conclude in Dio in quanto l’intelletto metafisico sta nel finito e raggiunge a fatica l’eterno. Pur essendo lotta per la verità la filosofia non è e non può essere salvifica me rimane ricerca della verità da parte della parte più elevata e superiore dell’essere umano: la sua capacità di capire. Essa non è introduzione alla vita devota ma introduzione alla conoscenza dell’essere, del mondo, dell’io e di Dio. Tutto ciò porta ad una conclusione del ciclo filosofico del moderno e ripresa della Filosofia dell’essere, che può esser riassunta in questi termini: 1) profondo dualismo tra pensiero ed essere da Cartesio a Kant; 2) tentativi di ripristino della metafisica, ma di una metafisica dell’immanenza: Schopenhauer, Ficthe, Schelling Hegel; 3) tentativo di riproporre la questione dell’essere escludendo l’ente Heidegger onto-metafisica come antropologia; 4) filosofia della prassi Gentile, Marx,  Gramsci; 5) Metafisica nichilista dell’immanenza, Nietzsche; 6) accento posto sul carattere univoco dell’essere e non analogico (analogia entis); 7) identificazione di Logica e metafisica, Hegel.  Per Hegel e per ogni forma di idealismo Reale = razionale; mentre per il realismo e la filosofia dell’essere il pensiero si adegua alla realtà, veritas est adequatio intellectus nostri ad rem. Possenti ritiene migliore una ermeneutica di profondità della modernità, in questo simile alla tesi di Augusto del Noce, la quale, pur facendo emergere le aporie della modernità, lasci emergere quel fiume carsico che riporta alla filosofia dell’essere, da Vico a MacIntyre, passando per E. Stein ed E. Pryzwara, da Cornelio Fabro a E. Gilson. La ripresa della filosofia dell’essere non è una ripresa dei temi del passato ma una risposta alle sfide del presente, attraverso la modernità oltre la modernità non come postmodernità o ultramodernità o ipermodernità, ma come pensiero dell’essere verso l’essere, la struttura del sapere deve modellarsi su quella dell’essere.

Se il sapere è conoscenza dell’essere va da sé che deve adeguarsi all’essere piuttosto che volere che l’essere sia in un certo modo (Nietzsche). Nietzsche è interno al paradigma illuminista, colpisce Kant ma all’interno dello steso modello di ragione kantiano. Necessario è dunque, il superamento dell’antropocentrismo moderno, ovvero bisogna partire dall’ente e ciò significa dare per assodato che non si può dedurre l’esistenza dall’essenza: L’Esistenza dell’ente non si deduce dal pensiero. È perciò necessario evitare gli errori dell’Idealismo e dei suoi epigoni. Per questi, infatti, l’essere non trascende «l’essere concepito», proprio questo è un grave errore per il metafisico: RICAVARE L’ESSERE DALL’ESSERE LOGICO. Lo sguardo metafisico è contemplativo non produttivo: il pensiero (umano) NON PRODUCE L’ESSERE.

Insomma, il piano del sapere è distinto dal piano dell’essere, il sapere è approssimarsi all’essere che si dà nell’ente, esso è un adeguarsi all’ente che lo trascende; non vi è identità (cfr. Hegel ciò che è reale è razione e ciò che è razionale è reale). Pensare di raggiungere l’essere senza una intuizione aprente ma solo attraverso processi logici, questo è sempre idealismo, anche se si chiama in altro modo.