Rasputin - Epitragedia pietroburghese in quattro movimenti -versi-3

Vasilij Sergeevič  Kalinnikov   

Symphony n° 1 – (2° movimento)

Prima della tempesta

Corifeo

E steppa schiaffeggiata dal vento che bacia delle spighe

le cime di grano a primavera; e danze, ah! danze,

quante; e feste, torrenti di walzer negli addobbati

135       saloni di Tsàrskoe Selò, sogni tra una pagina

e l’altra della vita; e mulinare di falci, schioppi

di selvaggia Russia che vive feconda; e taiga che beve

la luce del sole a mezzodì come un contadino

dopo la quaresima; e scroscio d’acque nelle albe

140      sfiorate appena dai dardi infiammati di Apollo;

e soffi d’Eolo che tagliano la tundra da nord a sud,

da oriente ad occidente; e sogni di rivincita

su di un’Europa meccanica e moriente; e autunni

dorati di tappeti di foglie che restituiscono

150      gravide alla terra il sole che hanno amato

nella breve estate nordica; e inverni bianchi

come il candore dell’anima di Adamo ed Eva

all’alba del sesto giorno della creazione; e biacca

di una carta che si rifiuta di mandare ordini

155       al fronte. Ah! Terra ingrata che spazio non lasciasti

se non a questi solchi che tagliano il suolo della santa

Madre Russia, vene avide di sangue di soldato.

 

Dmítrij Dmítrievič Šostakovič

Sinfonia n° 8 – (1° movimento - incipit)

 

 

Coro

Ah! Parole cieche, ingorde di guerra. Come vele

rigonfie si gettano all’assalto, tra onde schiumose

160      d’impeto e saliva che sale dalle viscere assieme

alle loro grida impaurite, baionetta in canna

le armate. Cozzano le schiere avverse, come scudi

scintillano al sole, dilaniate, divorate, frante

dal mostro a sei teste; con i denti di filo spinato

165      la ninfa divenuta mostro- che altro la guerra? – Scilla

che latra, trancia e ingoia uomini e bestie senza pietà.

E inabissarsi di eserciti dentro le trincee

-risucchi di morte - dove cadono granate e bombe,

lì tra i flutti Cariddi, riassorbe a sera le file

170      nella sua melma di carne tumefatta e piscio e vomita,

all’alba del giorno dopo, quell’acqua livida

e putrescente di masse inumane senza più nome.

Versi riversi stanno i loro lamenti caduti, persi  

alla fine nel loro boccheggiare tra i latrati

175       di Scilla e il gorgogliare vorticoso di Cariddi.

 

Corifeo

Giorno dopo giorno, da alba a tramonto e da tramonto                      

ad alba, scie di fuoco tagliano a fette l’azzurro

cinereo d’un cielo arrossato dall’odore della

tintura di iodio. Cadono i vessilli di Nikolaj                               

180      Aleksandrovič ma egli, ignaro, ancora non sa

che il suo destino è appeso a quel filo di capello;

anch’egli solo e pensoso, a passi tardi e lenti

i più deserti campi va’ mesurando e medita nelle

cupe notti dell’ormai prossimo inverno e al                                          

185      suo angelo custode scrive epistole d’amore:

 

 

Pyotr Ilič Ciajkovskij,

“Evegenij Onegin”

 

Penna dello Zar Nikolaj Aleksandrovič

Mia amata regina, luce del mio cuore, dolce

alba di questo triste petto, anima mia, mia diletta

e mia bella, amica mia, come sei bella quando il tuo

sorriso giunge fino a me all’alba, quando il sogno                                

190      s’approssima al vero e le tue chiome come le vette

dei prati della steppa battuti dai venti, quando

scendono dagli Urali: soffusa di grazia la tua

bocca mi parla nel sogno. Anima mia, a te rivolgo

questo fumigante respiro, amica mia e mia

195      colomba, diletta; tu, piccolo fiorellino del Volga,

belle le tue guance, il tuo collo è una torre

di virtù, occhi di colomba, cespo di fiori dell’Ob,

partoriscono fiori le steppe del Caucaso, azimut

siberiano nelle notti orientali, mia Tatjana,

200     mia piccola Mascia, mi sento qui al confine come il Pëtr

Andréevič Griniov puškiano, a te dedico poesie

e canzoni, in questa fredda, gelida notte, al confino

su la terra d’occidente, prima che altro più mortale

esilio, presto ci conduca tutti ad Ekaterinburg.

 

Corifeo

205      Sale dal bosco una colonna di bruma mattutina

e, nella nebbia che si dirada, lancia un raggio, quasi

lusinga di sole sulle foglie. Sale mirra e sale

incenso, sale polvere da sparo nera come morte,

mentre giù, dal fiume Lena, lì nella sperduta Siberia,

210      medita vendetta bieco il nemico della Russia.

 

Zar Nikolaj Aleksandrovič 

Date a lei una lettiga fino a Gerusalemme,

date una lettiga alla mia amata, fin’ a

Costantinopoli. Amata mia, tutti portano

la spada ma qui al fronte tutti cadono. Essi tutti

215       sono esperti della guerra gli amati contadini,

difenderanno l’onore della Patria pravaslavnaja.

A Pasqua, quando tutto questo inferno sarà finito

ti porto come lo zar Nicola primo alla bella Trinacria.

L’eco del tuo silenzio attraversa questi boschi

220      d’occidente, ma io ti porto qui con me, sempre.

 

Coro

Tu non lo sai bella zarina, segui solo le orme

del gregge delle amate, lo zefiro soffia dal cuore.

 

Batiuška[i] Nikolaj Aleksandrovič

Ululati di lupi nella foresta se un abisso

di angoscia agguanta il cuore: ah! dilaga l’armata

225      nemica, straripa sui campi arati dalle trincee

la vasta marea di tutti i soldati, come fulmini

in notte tempestosa gente al galoppo, forsennata,

è preda di zoccoli cupi la mia terra, il rombo

dei cannoni squarcia l’alba, barbaglio d’elmi al sole

230      nascente che avanza impietoso, chi farà da scudo

ai figli? Vuoi, oh! Dio, arginare l’orda che avanza?

 

Coro

Frecce d’arciere scagliate, masse sforme in uniforme,

si scontrano nella pianura ghiacciata. Le dilaniate

carni alzano mute preghiere al cielo che piange

235      come Rachele i suoi figli, in una pioggia già sporca

di polvere da sparo e terra; il pianto di carbone

delle viscere di Dio cade su lande desolate,

sulle querce nodose, perché taci? Non grida umane

salgono dai boschi dove ascose vite tremano

240     al venire della morte. Urli bestiali di soldati

e piscio fetido di morte al margine delle trincee,

misto al tremore delle foglie; frusciano lettere

d’amore alle amate. Qui dall’azimut delle nuvole

piove il pianto di Dio su ogni cosa. Ascolta,

245      Ninfa de’ boschi, raccogline ogni goccia!  Perché rantolano

le anime dei poeti, ansima ‘l cuore nei soldati,

languono le amate. Sordo e fioco, il rombo dei

cannoni, accenna ad una pausa, trema e si spegne

ora una vita e ora un’altra, di qua di là.

 

Corifeo

250      Oh! guaito d’argento, orsù porta tu del poeta solo

il canto al firmamento, quasi una monda preghiera,

come una prece; muta come la fronda, allorquando

ronza proprio qui ‘l sibilo maledetto del proiettile.

 

Zarina Aleksandra Fëdorovna

Che altro ci rimane se non invocare una pace

255      e prostrata ai potenti cugini chiedere mercede?

Manderò il mio fido Monaco, anch’egli la pace

vuole, come me, con me e anche Nikolaj la desidera,

il Pacifico ne sarà felice anche lui, alla fine.

O Maestà Celeste Benedetta è ora di abbracciare

260     le Sante Icone, pianto su pianto, dolore su dolore;

fin qui giunge dal fronte lo stridere delle baionette

infiammate. Negli occhi ho tutto il tumulto delle genti,

davanti a me il cozzare delle armate. O Madre

di Dio, conduci tutti i pensieri e questa mano

265      incerta lungo i sentieri della pace. Santissima

Trinità volgi il tuo sguardo sulla Russia, sul suo

popolo, sul suo cristico destino d’espiazione.

 

Coro

Ma dal cielo non si ode risposta, non viene responso,

il cielo plumbeo pare chiuso come un cupo presagio

270      foriero di morte. Forse, a questo popolo ignaro

spetta l’identico destino del Figlio di Dio? L’essere

da tutti abbandonato e crocifisso? Come ‘l Cristo,

anche questo popolo santo risorgerà, alla fine

ritroverà la strada, dopo settanta anni d’esilio

275      in terra di Babilonia, certo, ritornerà a Dio.

 

Zarina Aleksandra Fëdorovna

Io sono qui, in queste notti pietroburghesi, le mie

gote solcate, sarò ferma, terrò dritto il timone,

anche se la nave della Santa Madre Russia va già

verso gli scogli!  Avrà varcato il mare il richiamo

280     al mio eroe? O desolazione resta a me sola?

 

Coro di monaci

dalla Chiesa del Salvatore sul Sangue versato[ii]

Sorga, sorga, Dio e i suoi nemici si disperdano….

 

Corifeo

Ma Dio scrolla i mortali dalle cime delle loro

illusioni e precipita giù, non imbraccia violenza.

 

Coro di monaci

dalla Chiesa del Salvatore sul Sangue versato

Dio riconduce le pecore madri al loro ovile.

 

Zarina Aleksandra Fëdorovna

285      A queste, notti nell’inverno che avanza, io svelo

al pianto il mio povero male. Stride nel piombo

dei colpi al fronte questo gemere e all’acqua

che scende dal cielo presto a neve e ghiaccio.

 

Coro

Cos’è che sale dal bosco come una nebbia argentata

290     al primo mattino, quando le luci del sole sfiorano

le gocce di rugiada e sfavillano di sette colori

dell’arcobaleno? Sale una colonna di fumo

e di polvere da sparo dal lontano occidente.

 

Zar Nikolaj Aleksandrovič

Sono apparse le schiere dei lupi della foresta

295      nera sulla terra russa, avanza e vince il male …

il bene, in questa tarda ora che s’approssima all’alba

del nuovo secolo. Oh, figli, i vostri petti forgiati

dall’acciaio e dalle acque dei fiumi di Rus’ a nulla

valsero se destino s’erge testardo come diga. Quale

300      afflizione scende sul mio capo? Viene da lontano

la tua voce d’usignolo, zarina, a lenire

questo dolore di piccolo padre che vede i figli

in terra straniera, morire. Ah! Ma fermarmi, se volessi,

non posso, tu lo sai e per la Santa seconda Roma,

305      per Costantinopoli, per l’Ortodossia, a difesa

dei popoli slavi, come sempre i Romanov fecero.

Qui, ora, a marcire nella torba di questo dolore.

 

Coro

Dorme nei solchi scavati ai laghi Masuri la stirpe

di Rus’, dorme il sonno della morte e stringe la terra.

 



[i] Batiuška, letteralmente “Piccolo padre”, termine con il quale il popolo russo vedeva nello Zar riflessa la paternità di Dio, questo rapporto si incrina nella terribile domenica di sangue del 1905.

[ii] La chiesa del Salvatore sul Sangue Versato è una chiesa di San Pietroburgo, che sorge sulla riva del canale Gribaedova e vicino al parco Michajlovskij del Museo Russo, non lontano dalla Prospettiva Nevskij. Il nome ufficiale in russo è Собор Воскресения Христова, cioè cattedrale della Resurrezione di Cristo, e fu eretta sul luogo dove venne ucciso lo zar Alessandro II di Russia, vittima di un attentato il 13 marzo 1881.